Un po’ di politica, in quel di Poggio a Caiano, tanti anni fa l’ho fatta pure io. E quelle bacheche in piazza, accanto all’edicola di Simone, me le ricordo bene: strumenti di una comunicazione politica oggi sepolta da tonnellate di polvere. Una apparteneva al PCI e l’altra alla DC. Poi arrivarono i socialisti con la bacheca del loro PSI.
Svolgevano, quei piccoli spazi, un compito importante. Facevano da tramite fra le sezioni di partiti che ancora vivevano sul famoso “territorio” e i cittadini. Questi avevano ancora un certo interesse a leggere manifesti e volantini. E i partiti avevano ancora qualcosa da comunicare. Non solo a pochi giorni dalle elezioni, ma anche prima.
Erano gli anni della, cosiddetta, “prima repubblica”. Il confronto, anche locale, era vivace. Talvolta pure troppo. Esisteva ancora il ciclostile. Si stampavano volantini. Si pubblicavano piccoli fogli di informazione. E davanti alle bacheche si fermava gente. Anche davanti alle tre bacheche nei pressi dell’edicola di Simone.
La comunicazione politica era povera e semplice. Ma le persone, a votare, andavano alla grande: da noi in percentuali elevatissime. Ancora sopra il 90%. E quando si scendeva verso l’80% sembrava a tutti una brutta sconfitta per la democrazia.
Lavoravo in Regione, all’ufficio stampa del Consiglio. Seguivo ogni seduta d’aula. I politici di allora, in quell’aula, erano i migliori di tutte le famiglie politiche: dai fascisti ai comunisti e oltre. Due cose li univano: aver letto libri e essere imbarazzati in tv.
Non erano in grado di ragionare secondo i canoni televisivi: non sapevano, cioè, essere sintetici e sbruffoni. Soprattutto erano imbarazzati. Comunicavano male. E il nostro compito, di giornalisti, era faticoso: far capire loro (ma anche ai burocrati) che i palazzi dovevano “aprirsi”, diventare estroversi, più comunicativi, trasparenti.
A politici poco comunicativi corrispondeva, però, un alto tasso di partecipazione elettorale. Un paradosso. Oggi è il contrario: a politici che sono maghi nella comunicazione post moderna, che abitano giorno e notte gli studi tv, che pagano collaboratori sui social, corrisponde una cittadinanza piena di sfiducia in quei politici. Salvo, ovvio, eccezioni: sia per allora che per oggi.
Forse c’è molto da cambiare, per il futuro, sia nella comunicazione politica (dovrà tornare a farsi meno aggressiva, più credibile) che nella cittadinanza (sarà necessario un grande esame di coscienza, anche perché non esistono certo divisioni nette fra società “pura” e casta “impura”).
Tornando alle tre bacheche poggesi. E’ simpatico constatare come sono riempite oggi, a una settimana dal voto del 4 marzo.
Quella che ospitava manifesti di Bettino ora è vuota tranne due locandine che con la politica c’entrano un tubo. Quella transitata PCI-PDS-DS-PD invita, coerente, a votare PD: ma guardando bene si scopre che il grande manifesto non riguarda le elezioni del 2018 ma le primarie interne al partito: quelle di quasi un anno fa (30 aprile 2017) che incoronarono Renzi alla segreteria.
Il grande manifesto sta lì da allora. E il compito di ricordare le elezioni di oggi spetta solo a una piccola locandina che informa sulla visita al mercato, giorni fa, della candidata al Senato. Solo questo.
E la “mia” vecchia bacheca? Quella della balena bianca? Qui la storia è ancora più singolare.
Quando la DC crollò, quella bacheca subì la sorte della sede, lì vicino, al “Portichino”. Venne divisa fra i due tronconi: quelli che erano andati con Prodi e quelli che andarono con Berlusconi. Il PPI e il CDU.
E da allora tutte le elezioni che si sono succedute hanno visto una, abbastanza buffa, coabitazione. Bacheca divisa a metà. Salomone docet. E oggi la parte sinistra invita a votare PD (riportando anche qui il grande manifesto di un anno fa e quello piccolo di oggi) mentre la parte destra chiede il voto per il candidato pratese del centro destra, uomo di Forza Italia, e per gli eredi dell’UDC. Tutto nella stessa bacheca.
E se dopo il 4 marzo, come qualcuno sostiene, arrivasse la “grande” (sic) coalizione fra Silvio e Matteo (quello di Rignano) avendo Silvio scaricato l’altro Matteo (quello che un tempo ce l’aveva coi napoletani)? Allora vorrà dire che aveva ancora una volta ragione l’antica bacheca più vicina all’edicola di Simone. Quella divisa a metà. Quella della balena bianca poggese.