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Home»Giornalismo»PAPA FRANCESCO, LE SCARPE CONSUMATE E IL GIORNALISTA ARRESTATO
Giornalismo

PAPA FRANCESCO, LE SCARPE CONSUMATE E IL GIORNALISTA ARRESTATO

Mauro BanchiniBy Mauro Banchini24 Gennaio 2021Nessun commento6 Mins Read
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Invita a riflettere, papa Francesco, sui “giornali fotocopia” e sul fatto che due generi fondamentali (inchiesta e reportage) “perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, di palazzo, autoreferenziale che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta“.

Sta tutto nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (quest’anno sarà il 16 maggio) che papa Francesco ha reso noto alla vigilia di oggi, 24 gennaio, giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

Un messaggio, il 55 mo, che prende titolo (“Vieni e vedi”) da un brano del Vangelo di Giovanni con parole rivolte da Gesù ai primi discepoli. Un “andare” e un “venire” che Francesco applica al giornalismo usando un concetto in voga nei corsi formativi: il “consumare la suola delle scarpe” che significherebbe raccontare – ovviamente da punti di vista diversi – ciò che in realtà sta sulla strada, nelle piazze, nei palazzi e non ciò che “veline” spesso interessate vorrebbero che si raccontasse.

Un messaggio chiaro, come oggi su “Avvenire“, intervistato da Nello Scavo, commenta Domenico Quirico (“Una lezione da imparare subito: una fotografia perfetta dell’atto giornalistico. Essere presenti, vedere narrare. Il giornalismo è tutto lì“). Scavo e Quirico: due colleghi che non avevano bisogno di Francesco per declinare così la professione (“Il papa ci sta dicendo che il giornalista deve essere formica in mezzo alle formiche e, per come la vedo io, deve accettare il rischio di entrare nel formicaio e rischiare anche di venire schiacciato dal piede che ci passa sopra“. E’ la sintesi, efficace, di Quirico).

Si sofferma, Francesco, anche su “opportunità e insidie nel web“, ricordando come sia “strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e fruitori” anche perché “tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali“. Ma ricorda pure “i rischi di una comunicazione social priva di verifiche” avendo tutti noi appreso “come le notizie e perfino le immagini siano facilmente manipolabili per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo“.

Leggevo questo messaggio, che come tutti gli altri infiammerà qualche ora il nostro dibattito per poi subito passare in un dimenticatoio già ampio. E mi veniva in mente una certa situazione concreta di cui sono a conoscenza nel microcosmo della mia provincia: Pistoia.

C’è qui un collega (74 anni) che oggi è arrivato al 41mo giorno di arresti domiciliari. Può uscire solo, per gravi motivi, su autorizzazione del giudice. E’ sotto sorveglianza quotidiana (spesso notturna, svegliato nella notte da pur comprensivi Carabinieri obbligati a vedere se per caso fosse fuggito). Gli hanno tolto quattro computer, un tablet e un cellulare: qui lui tiene la sua vita (articoli, libri, saggi, foto di famiglia …) negli ultimi 35 anni. Tutto ciò è, da oltre due mesi, sotto sequestro cautelativo.

E’ stato accusato, il collega Edoardo Bianchini, di stalking e diffamazione a mezzo stampa nei confronti di un privato che si è sentito offeso per una serie di suoi pezzi sulla testata web che lui, come professionista, dirige. Avrà, prima o poi, un processo che lui sostiene di poter vincere, avendo – dice – prove di tutto ciò che lui ha scritto (abusi in zona collinare di un Comune).

Dai domiciliari non si è certo fermato nella sua asperrima linea editoriale e nei suoi duri attacchi a una amministrazione comunale che però – altro punto interessante – non risulta averlo querelato.

Bianchini quando scrive esagera nei toni? Può essere. Mischia giornalismo e registri satirici? Certamente. Ha preso, sulla vicenda specifica, diverse cantonate e dunque sarà condannato in un Tribunale e pagherà il suo debito con la giustizia? Può essere, vedremo. Con il suo modo di scrivere, e di prendere per i fondelli chi di volta in volta cade sotto la sua penna, è fastidioso e sempre sopra le righe? Di sicuro. Sta antipatico? Presumo di sì.

Personalmente lo conosco da tempo e non ho motivi di aderire alle sue linee politico/editoriali che (attacchi feroci a papa Francesco compresi) certo non mi appartengono. Ma, non condividendo il suo stile, l’ho sempre stimato, a volte assumendo anche posizioni scomode, per la “follia” delle sue battaglie che spesso lo hanno portato nei Tribunali della Repubblica quando sarebbe stato certo più comodo vivere in pantofole.

Un aspetto, in quest’ultima sua vicenda, mi ha colpito: il silenzio della categoria, Ordine e sindacato compresi. Un collega, certo rompiballe, sta ai domiciliari e zero commenti: non dico di sdegno o di (più o meno sincera) “solidarietà“, ma neppure un banale e rituale “ci affidiamo al giudizio della Magistratura” che non si nega mai a nessuno.

Così come, mi ha colpito, l’assenza di un pur minimo tentativo di inchiesta locale (non dovrebbe poi essere molto difficile) su ragioni e torti nella vicenda per la quale lui sta agli arresti. Ad esempio: è vero o no che, in quel Comune, alcune strade vicinali, in origine pubbliche, sono state, nel corso degli anni, privatizzate in modo illegittimo?

Magari basterebbe poco per scoprirlo: forse basterebbe – seguendo il messaggio di papa Francesco – “andare e vedere“, fare accesso agli atti, verificare e scrivere. In modo da far capire ai cittadini, al di là della verità giudiziaria che arriverà quando arriverà, la “verità sostanziale dei fatti” cui ci richiama la professione con la sua deontologia.

Io non “sposo” il mio quasi omonimo che, oltretutto, mi bolla come un ingenuo “cattocomunista“. Aspetto il processo, quando ci sarà, fiducioso in chi dovrà giudicare. Ma sapere che un collega, anziano e con qualche acciacco, sta al 41mo giorno di arresti a me, che volete farci, colpisce.

Consiglierei a tutti, in primis a me stesso (ma anche – se solo mi promettesse di non spernacchiare troppo il mio Francesco – allo stesso collega arrestato, lui che oltretutto dice di non crederci) consiglierei di fermarsi sulla preghiera con cui Francesco chiude il suo messaggio.

Quanto alla ipercitata “preghiera” laica attribuita a Voltaire (“Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo”) evito di citarla, anche perché, tenendoci alla vita, l’ho sempre trovata esageratamente retorica. Però rende l’idea …

Bianchini Francesco giornalisti Papa scarpe suole
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