Sono uno fra i pochi che si ostina a guardare, nelle elezioni, anche i numeri assoluti (non solo le percentuali) e anche il numero dei votanti. In Abruzzo, per le elezioni regionali di ieri, gli elettori erano un milione e 211 mila. A votare sono andati appena in 643 mila. Dunque a non votare sono stati 568 mila. Sommando i voti non validi (bianche e nulle) a quelli che al seggio non sono andati si arriva a 586 mila (circa il 48% degli aventi diritto).
Diciamo dunque che le percentuali roboanti, che si calcolano solo sui voti validi, andrebbero in effetti ridotte circa alla metà se davvero vogliamo considerare la rappresentatività reale del ceto politico.
Se riferito al numero degli abruzzesi che avevano diritto di votare, il roboante 27,53% di Salvini si dimezza: scende al 13,6% mentre il già deludente 19,73% dei grillini si abbassa sotto il 10%. Idem per gli altri.
So bene che chi non vota accetta, con questo suo comportamento, che siano gli altri a votare per lui. Ma guardare alle cifre assolute, forse, può aiutare in una duplice direzione: smorzare gli entusiasmi di chi pretende di parlare “per il popolo” e capire perché quasi 5 cittadini su 10 a votare non sono andati.
Considerazioni, oltretutto, da riferire anche a quegli strumenti di “democrazia diretta” che i grillini intenderebbero inserire in un ordinamento che pare galoppare sempre più verso un rapporto strano con la democrazia.
Pensiamo anche a cosa sarebbe accaduto qualche tempo fa se un ministro degli Interni a urne aperte, la domenica del voto, avesse pubblicamente invitato i cittadini a votare per il suo partito: folle sarebbero scese in piazza. Il reato Salvini lo ha commesso e il ministro meriterebbe di essere almeno indagato. Ma già oggi non ne parla più nessuno. Viviamo in un periodo strano …