I pochi che leggono sanno che è roba lunga, ma anche divisa in paragrafi brevi e dunque leggibili. Stavolta (divisa in due puntate. Oggi la prima. Domani la seconda) si scrive su due argomenti sempre locali, a modo loro “natalizi”, che qualcosa di più generale possono comunque dire. Una contesa sulla collocazione di un quadro capolavoro da spostare causa lavori. E una riflessione su chi vorrebbe obbligare a esporre crocifissi e presepi considerati non segni impegnativi di Amore ma armi “identitarie” della “nostra civiltà occidentale”. Buon Natale.
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A CHE SERVE QUELLA “VISITAZIONE”? – A che serve un’opera d’arte? Specie se è un’icona, una fra le tele più ammirate nel mondo? E specie se collocata, da sempre, non in un museo di una grande città d’arte ma in una (notevole) chiesa di campagna?
Serve come pretesto per attrarre turisti e per aiutare i legittimi commerci? Oppure, oltre che a questo (mai demonizzare la concretezza della vita reale) anche per confermare identità e anima della piccola comunità a cui la Storia ha donato quel capolavoro?
Me lo chiedo in questi giorni. Su un quadro (la Visitazione del Pontormo) che affascina perfino uno come me: non esperto d’arte ma attento alla bellezza. Un quadro pre-natalizio che in un contesto indifferenze se non scristianizzato, corre il rischio di trovare assai poche persone capaci di decifrarlo.
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MARIA, ELISABETTA. E LO SPIRITO – La storia dovrebbe essere arci nota.Trattasi di una vergine, Maria, poco più che bambina, vissuta sui 2 mila anni fa nelle terre oggi (non è una novità) sconvolte da ingiustizie e guerre. Aveva appena ricevuto la visita di un angelo. Che le aveva raccontato una storia incredibile in una vicenda che continuerà a essere incredibile. Sarebbe rimasta incinta; ma non per opera di un uomo, bensì grazie a un protagonista chiamato “Spirito”.
E un’altra notizia incredibile Maria aveva appreso dall’angelo: pure Elisabetta, cugina avanti con gli anni e sterile, era incinta. Ormai da mesi.
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LA DANZA DEL PONTORMO – Maria decide di andare dalla cugina. Parte verso un sobborgo di Gerusalemme. Lontano. E lì “visita” Elisabetta. Che darà alla luce Giovanni. Che a sua volta, dopo qualche tempo, battezzerà tanti, perfino Gesù, per poi fare una fine terribile.
Dall’incontro fra le due donne scaturisce una preghiera di Maria (il “Magnificat”) che ancora oggi stupisce per bellezza, potenza, profondità.
Pontormo è uno fra gli artisti che ha saputo raffigurare al meglio l’incontro – una vera danza – fra le due donne, alla presenza di altre due donne e di altri misteriosi testimoni più nascosti. Opera che commuove. E che da sempre, da quasi mezzo millennio, sta lì: nella chiesa di Carmignano per la quale era stata pensata.
Con i secoli è diventata emblema della comunità. Ne fa parte. E’ definita “La Visitazione di Carmignano”. Turisti colti vengono da tutto il mondo. E il suo valore identitario è certo maggiore rispetto a qualunque (comprensibilissima) deriva commercial turistica che da essa può scaturire.
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RESTAURI CHE COSTANO – Ed eccoci a oggi. L’edificio in cui il quadro è ospitato (forse il primo convento francescano al di fuori dell’Umbria) ha bisogno di restauri. Se ne parla da tempo (e da tempo si sapeva che si sarebbe arrivati qui).
Ma i restauri costano. E chi ha la proprietà del quadro (la diocesi di Pistoia) e degli altri quadri lì esposti, può averne, di denari, dall’8 per mille. Ma non sono sufficienti. Mancano centinaia di migliaia di euro. Che non sono uno scherzo.
Qualcuno ricorda che pochi anni fa l’esterno della chiesa venne aggredito, in un banalissimo incidente, da un mezzo raccolta rifiuti. Episodio emblematico: di una società basata sull’iper consumismo e dunque sui rifiuti che lentamente ci uccideranno se non saremo capaci, magari anche con la bellezza e con stili di vita altri, di trovare rimedi.
Adesso che i restauri all’edificio debbono partire, il quadro va portato via. In modo temporaneo perché poi, terminato il restauro delle mura, sarà riconsegnato alla comunità di Carmignano.
Ciò è certo vero. Ma nella odierna sfiducia di tutti verso tutto, c’è chi – sbagliando – teme una soluzione diversa: cioè che l’opera possa trovare altre sistemazioni rispetto alla chiesa del paese.
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TERRE DI CAMPANILI – In più siamo in Toscana, terra di noti campanilismi. E questo può avere un suo ruolo. Diocesi di Pistoia e provincia di Prato. Fu da una costola di Carmignano che negli anni Sessanta del secolo scorso nacque il nuovo Comune di Poggio a Caiano e a Carmignano qualcuno ancora è indispettito. Furono questi due Comuni “medicei” (cioè con due splendide ville patrimonio umanità) che, una trentina di anni fa, si opposero con due referendum (vinti) contro il loro inserimento nella nascente Provincia di Prato.
Ed è notoria l’antica “rivalità” fra due capoluoghi così vicini ma così diversi, Pistoia e Prato (rivalità oggi folcloristica, ma che ancora serpeggia. Ad esempio nel ricordo del furto della Sacra Cintola pratese da parte di un pistoiese, tale Musciattino, ladro sfortunato poi bruciato dai pratesi).
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C’E’ CHI GIOCA E CHI NO – Quello che sta succedendo, in un work in progress perfino divertente e con l’intervento di autorevoli storici dell’arte, è sotto gli occhi di tutti. Chissà come finirà.
Per adesso pare che l’opera (preziosa anche sotto il profilo economico: solo per imballarla, spostarla, assicurarla pare occorrano decine di migliaia di euro) finirà nel Palazzo Pretorio di Prato. Fra i Comuni che hanno giocato la partita, quello di Prato – almeno per ora – ha dimostrato di saper giocare.
Un altro Comune, quello più interessato e che più di tutti avrebbe diritto di giocare, ha giocato. Salvo poi, sconfitto, buttarla in politica contro “il” partito. Un terzo Comune, troppo occupato a eccitarsi su una pistina di pattinaggio su ghiaccio, non ha saputo cogliere l’occasione. Ha finito, almeno per ora e salvo sussulti successivi, per fare da tappezzeria.
E poi ci sono gli altri due giocatori, i più importanti: chi è proprietario dell’opera (e ha cercato di tutto pur di farla restare a Carmignano) e chi deve sovrintendere i beni artistici e, fino a prova contraria, ha le competente giuste sul cosa fare.
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CARMIGNANO, POGGIO, PISTOIA – Chi scrive ha sempre pensato che i quadri dovessero restare a Carmignano. In condizioni di totale sicurezza: in base a quanto la Soprintendenza dovesse certificare. Era giusto, e logico, così. Lo stesso vescovo di Pistoia ha sempre sposato questa tesi. La più giusta.
Ma se in Carmignano non si fosse riusciti a trovare, o ad attrezzare, una sede adatta per custodire in via temporanea (due anni? tre? meno?) un’opera così preziosa, a occhio avrei trovato logiche altre due opzioni: o la Villa Medicea del Poggio (a pochi dalla chiesa di Carmignano e in un contesto comunque “mediceo” e comunque “diocesano”. Ma per questo sarebbero stati necessarie non chiacchiere ma risorse, iniziative, idee, progettualità).
Oppure uno spazio a Pistoia. Ad esempio la chiesa, un gioiello, di San Giovanni Fuorcivitas dove è presente un’altra Visitazione di straordinaria bellezza: quella di Luca Della Robbia. Con due capolavori così, affiancati, è facile intuire quante iniziative di qualità sarebbero possibili.
Ovviamente scrivo questo dalla comodità del divano, consapevole che chi deve prendere le decisioni è meno comodo e deve considerare tutti gli aspetti. Partendo dai denari.
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PRATO E LA DOMANDA DI FONDO – Non me ne vogliano a Prato (che peraltro si sono dimostrati bravissimi) ma quella del loro Palazzo Pretorio l’avrei, dal mio divano, davvero vista come ultima opzione possibile.
Scrivo da semplice cittadino, dunque in modo superficiale. Certo mi mancano alcuni pezzi (di un puzzle complesso) per poter giudicare. Una vicenda dai tanti intrecci: artistici ed economici, di identità e di campanile, di capacità e di incapacità nel governo dei Comuni. Dunque posso certo sbagliare. Ma credo di non sbagliare nella domanda di fondo. Che poi è quella iniziale.
A che serve, in un oggi così distratto e superficiale, un’opera d’arte? Solo ad attrarre turisti più o meno colti, più o meno capaci di spendere? O serve anche, direi soprattutto, ad altro?
Sarebbe bello e utile se tutti quanti, lasciando perdere polemiche di varia natura, trovassimo il modo di riflettere sull’importanza, oggi, di farci coinvolgere dalla bellezza. In questo caso da un quadro che, se adesso dovrà lasciare la sua sede, presto dovrà e potrà tornarci.
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Segue, sul crocifisso, seconda puntata. Domani.
POGGIO (A CAIANO) E … BUCA – di Mauro Banchini – n. 37 (prima puntata) – 21 dicembre 2023