Confesso. Non sono un grande appassionato di feste in piazza. La cosa non può neppure essere addebitata all’età avanzante, e pure avanzata, visto pensavo così pure in età giovanili. Quanto al carnevale – riconfesso – a me, in genere, mette addosso una certa tristezza.
Detto ciò, mi piace esprimere simpatia, affetto, vicinanza, per ciò che sta accadendo in paese (il mio paese: San Marcello Pistoiese) con l’ostilità da parte di qualcuno nei confronti delle feste, di carnevale e non solo, organizzate da un Comitato messo in piedi dal parroco don Cipriano.
Il prete cattolico arrivato dalla Romania (spesso sorrido pensando a come sarebbe parso strano, negli anni Settanta/Ottanta del secolo scorso, l’idea che la parrocchia fosse affidata a un sacerdote nato in terre allora considerate “il sol dell’avvenir” da non pochi attivisti del piccì), don Cipriano è diventato punto di riferimento.
Credenti e praticanti, vicini o lontani che siano da liturgie e sacramenti, magari perfino qualche mangiaprete, tanti hanno trovato in questo ancor giovane prete un riferimento sicuro: bravo ministro di culto, certo, ma anche persona con cui parlare, con cui confidarsi. E pure – ecco il punto – efficace organizzatore di iniziative capaci di coinvolgere comunità troppo spesso viste come marginali, periferiche, troppo piccole per interessare davvero.
Ecco dunque nati, nei paesi, i comitati “per le feste”: persone che si danno daffare (ultima in ordine di tempo: la discesa della Befana dal campanile di San Marcello) per fare e per essere comunità.
Ma “qualcosa” pare mettersi contro. A molti è parsa una “trovata” o uno “scherzo”: pure io, che vivo lontano e non conosco più le vere dinamiche paesane, ho pensato una cosa simile. Impossibile – ho subito pensato – che esistano “docce intasate dai troppi coriandoli”. Questa pare proprio una burla, uno scherzo di carnevale, una trovata per far parlare. Ma ammettiamo ci sia qualcosa di vero: parrebbe dunque che qualcuno si sia infastidito. Troppi coriandoli per terra, nell’ultimo Carnevale, troppa confusione a giro. E dunque mugugni, proteste, esposti. Vero? Falso?
Il Comitato parrocchiale, turbato per una polemica inutile, avrebbe deciso di ritirarsi. Dunque niente più Carnevale a San Marcello? Nei giorni prossimi vedremo. Per quello che conta, da paesano che soffre vedendo piazzette e strade sempre più deserte, mi auguro sia stato davvero uno scherzo o, se si preferisce, un equivoco. Spero che la festa si faccia anche quest’anno.
Quel tipo di feste, che certo rispettano giuste norme fissate per tutelare il diritto di ciascuno a non essere infastidito, hanno un valore che, nella realtà di paesi montani sempre più abbandonati, prescindono dalla festa stessa, in questo caso la banalità di un Carnevale. Mettendo insieme persone diverse, capaci a loro volta di cercare ciò che unisce rispetto a ciò che divide, anche una sfilata di carnevale, con carri costruiti dai diversi paesi e che si prendono in giro fra loro, può aiutare una comunità a restare tale. Se davvero qualcuno è “infastidito” pensi a questo: farà presto – mi auguro – a ripensarci.
PS)- Quasi mi vergogno per la banalità di ciò che ho scritto. Ma ad essere banale – non importa scomodare la scrittrice tedesca che diceva questo rispetto a vicende di ben più pesante gravità – ad essere banale, talvolta, è proprio … il male. Ma magari è, davvero, tutto solo uno scherzo …