Anche a proposito di cinema succedono cose interessanti nel microcosmo di San Marcello Pistoiese e dintorni. E molto ruota attorno alla figura del parroco: un giovane prete, di origine rumena, che si sta dando daffare per animare una comunità, fatta di credenti e praticanti ma soprattutto di battezzati non praticanti, che ha qualche problema nel sentirsi rappresentata.
Capita, a San Marcello e dintorni, ciò che sta capitando in tante zone di un’Italia appenninica composta da piccoli borghi in avanzata fase di spopolamento: pochi giovani e tanti anziani, speranze scarse per un futuro competitivo con le pianure ma anche potenzialità enormi (almeno in prospettiva …) per un Paese che proprio da queste sue aree interne potrebbe trovare alternative di sostenibilità e di benessere.
Capita spesso, in queste zone, che ci si pianga addosso rimpiangendo i (mitici, spesso mitizzati) “bei tempi andati”. E capitano anche, ogni tanto, episodi che possono far ipotizzare tendenze, comunque non semplici, a quello che possiamo chiamare “riscatto”.
Lassù è capitato nelle scorse settimane: proprio attorno al parroco rumeno che ha saputo aggregare tante persone dei tanti piccoli paesi impegnandole, anche attraverso il ricorso all’antica risorsa dei campanilismi e degli sfottò reciproci, nella costruzione di carri mascherati. Alla sfilata, domenica scorsa, c’era tanta gente. La festa è riuscita e tante persone hanno avvertito che, anche con il loro impegno, qualcosa potrebbe cambiare.
Se è del tutto chiaro che il “riscatto” di una grande area di confine come quella sui monti sopra Pistoia non dipende certo da qualche carro mascherato, sarebbe comunque sbagliato minimizzare quanto accaduto: che, poi, è stato seguito dall’annuncio dato, un po’ a sorpresa, dallo stesso don Cipriano sulla volontà di “riaprire” una sala cinematografica per la montagna.
Nessuno più di me può essere contento per quest’ultimo annuncio. Ne ho scritto varie volte su quel cinema-teatro (“Appennino”) di San Marcello chiuso ormai da una dozzina di anni ma capace di una non piccola “gloria” alle spalle: qui si iniziò a fare cinema, con tecnologie allora all’avanguardia, addirittura negli anni Dieci del Novecento; un teatro che risale al 1851 e un cinema che era già tale più di un secolo fa. Insomma: una sala antica, una sorta di piccolo “record” che rende affascinante la (difficile) sfida di aprire il “Nuovo Cinema Appennino” e che, sapendoci fare, potrebbe aiutare nella ricerca di soluzioni concrete.
Non conosco i dettagli, non so a quale spazio si pensi, ma leggo che don Cipriano ha costituito una “associazione” e che questa sta iniziando a lavorare attorno a un “progetto”. Ottima notizia: lascia intravedere come, forse, sia possibile invertire quel triste immobilismo che per tanto tempo ha caratterizzato questa vicenda e, purtroppo, non solo questa.
In molti si sono resi conto di come folle sia stata la scelta di cancellare, nei centri storici di città anche grandi, le piccole sale in favore dei multiplex. Per non parlare dell’ulteriore contributo alla desertificazione derivato dalla chiusura, decenni fa, di tantissime sale di paese. Oggi, anche con la complicità di nuove tecnologie e di leggi specifiche, ci sono piccole sale comunitarie che riaprono, riuscendo a stare su un mercato comunque complesso.
Nulla è facile, nessuno (tanto meno un prete) ha da solo bacchette magiche, rimettere a norma sale vecchie è costoso, sostenerle con una programmazione adeguata implica professionalità e fatiche, star dietro alle burocrazie può essere complicato, fare i conti con numeri di popolazione così bassi è un’impresa: ma cinema e audiovisivo, anche grazie a tecnologie che annullano le distanze, possono risultare fondamentali, anche nelle periferie, per contrastare abbandoni e solitudini fornendo pari opportunità.
Occorre volontà e progettualità, voglia di tentare strade anche nuove e capacità di unire le forze locali (comprese quelle istituzionali) superando contrasti, spingendo verso la stessa direzione, cercando sinergie opportune.
Si chiamava don Adelfio il parroco nel capolavoro di Tornatore e tutti ricordiamo il finale con la lunga teoria di baci censurati nel “Nuovo Cinema Paradiso”. Trent’anni dopo, nell’anno in cui le “ceneri” della penitenza e del digiuno arrivano proprio nel giorno che festeggia il santo degli innamorati e dei baci, è comunque bello sperare che una comunità intera, attorno al parroco e magari al sindaco, possa costruire insieme le basi per un “Nuovo Cinema Appennino”.