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Home»Territorio»CINEMA APPENNINO: UN PRIMATO. E UN APPELLO
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CINEMA APPENNINO: UN PRIMATO. E UN APPELLO

Mauro BanchiniBy Mauro Banchini23 Febbraio 2017Nessun commento8 Mins Read
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Il mandato amministrativo della prossima primavera, con il nuovo sindaco chiamato a governare il nuovo Comune unico fra San Marcello Pistoiese e Piteglio, potrebbe essere giusto per almeno iniziare un cammino (intuibilmente non breve) verso l’obiettivo sul quale in diversi siamo sensibili: recuperare, nel centro di San Marcello, lo spazio del “cinema teatro Appennino”.

Da non elettore, in quanto non residente, ma da persona che porta nei documenti San Marcello Pistoiese come luogo di nascita, mi permetto di avanzare una richiesta in tal senso: la rivolgo a tutti i candidati e le candidate che, per forze politiche intuibilmente diverse, si presenteranno al giudizio degli elettori. Inizio con Silvia Cormio e Luca Marmo, che per il PD si stanno sfidando nelle primarie. C’è disponibilità – ecco la domanda – a inserire nei loro programmi una azione per recuperare questo spazio da adibire, poi, a “sala di comunità” per una comunità che di uno spazio del genere avrebbe bisogno?

L’estate scorsa, con Fabiola Arcangeli, e grazie alla cortesia dell’ultimo gestore, Enzo Pellegrineschi, ho avuto modo di entrare nell’ex cinema. E’ chiuso da oltre 10 anni. E credevo dunque di trovare uno spazio assai più degradato di ciò che, in effetti, trovammo. Ma, soprattutto, ho provato una sorta di emozione nel ri-vedere quella platea e quella galleria, quei corridoi e quell’ingresso che ho sempre frequentato fin da bambino e poi per una buona parte della mia vita.

Per chi, come me, è nato all’inizio degli anni Cinquanta ed è sempre stato affascinato dal cinema, dalla magia di vedere film in compagnia di altre persone, il cinema “Appennino” è una miniera di ricordi. E’ il nostro “Cinema Paradiso”. Qui ho visto gli 007 e i western di Sergio Leone, le mie prime cose teatrali. Qui, da piccolino, ho fatto perfino qualche “recita” (ne ricordo una, nei primi anni delle Elementari: ero vestito da … Grillo parlante). Qui ho visto i grandi attori di Hollywood, in bianco e nero, poi a colori e in Cinemascope. Qui ho masticato tonnellate di “cingomma” e ogni domenica pomeriggio, rigorosamente in platea (in galleria … si spendeva di più), mi sono trovato in mezzo a quelli che si divertivano a commentare i film a voce alta creando intuibili “risse” con chi pretendeva, magari anche con qualche ragione, il silenzio.

Qui sono tornato spesso anche da grande, anche quando i casi della vita mi hanno portato via. Questo è stata la sala “prima” anche per mia figlia, che spesso, la domenica, andava “al cine” con Elisa: la moglie di Fenzo, costruttore delle mongolfiere.

Fino al dicembre 2006: la crisi della sale era iniziata da un pezzo e il glorioso “Appennino” chiuse non essendo più in grado di competere, di stare su un “mercato” sempre più complesso con “gusti” di noi spettatori sempre meno portati a frequentare sale di questo tipo. Ricordo di aver scritto, allora, un piccolo pezzo di “addio” al cinema della mia infanzia: quello che odorava di “chiuso” e io – giuro – quando cominciai a frequentare sale di città mi stupivo per non ritrovarvi quello stesso “odore” che per me, beata ingenuità, era tipico “del” cinema; di ogni cinema.

Mi disse, Enzino, i titoli degli ultimi film proiettati”: per il Natale e il Santo Stefano 2006 un cinepanettone di Carlo Vanzina (“Olè”), il primo con Boldi senza De Sica. E pochi giorni dopo, il 31 dicembre, “Boog & Elliot a caccia di amici”: cartoon USA sull’amicizia fra un orso grizzly (doppiato da Pino Insegno) e una ragazza ranger. Dopo allora, tranne – se ricordo bene – una contestata apparizione di Alessandra Mussolini per una iniziativa politica della destra, dopo allora nulla: sala chiusa a lucchetto. In attesa di chissà cosa.

Dentro, almeno all’apparenza, non c’è rovina. Sembra che il tempo si sia fermato. Le poltrone imbottite di tessuto rosso pare siano lì, sotto e sopra, ad aspettare qualcuno. Il grande telo bianco ha evidente nostalgia di immagini. Qualche vecchio manifesto (“Scoop” di Woody Allen) chiede di essere sostituito. Russel (Crowe) bacia la sua Marion (Cotillard) in “Una ottima annata”. La biglietteria aspetta un nuovo Enzino per vendere biglietti e caramelle; i tendaggi all’ingresso cercano un nuovo Pietrino o una nuova signora Cimeli per staccare i biglietti. Per non parlare del proiettore: oggi inutile; la pellicola non esiste più e questi ormai sono aggeggi da museo. Ma lui meriterebbe l’onore delle armi, giù all’ingresso, sotto la lapide che ricorda il centenario dall’inizio dei lavori, per tutte le storie che ci ha saputo far vedere.

Da poco è stata approvata la nuova legge sul cinema. Non mancano, nel capitolo dedicato all’esercizio, possibilità per chiedere contributi anche con lo scopo di riaprire sale come questa: piccole e in luoghi minori, distanti dai multiplex; mini spazi che con un po’ di fantasia e buona volontà unita a una progettualità creativa, un loro ruolo potrebbero ancora averlo a servizio di comunità troppo spesso giudicate “non interessanti” dal dio mercato. Sale abbandonate come questa, a giro per l’Italia, ce ne sono tante. Pure sulla nostra montagna (chi non prova tristezza passando davanti al “Reno” di Bardalone?).

Ma il nostro “Appennino” potrebbe vantare una sorta di primato. Basta sfogliare un volume della Regione (“I teatri storici della Toscana” 1995) per capire il lungo cammino di questo spazio costruito, come teatro, nel 1851 anche se la prima sottoscrizione risale al 1844. Quattordici i soci e altrettante le azioni (tre acquistate dal progettista Tommaso Cini e due dal Gonfaloniere di San Marcello, Sisto Begliomini, per conto del Comune). Nel 1951 venne collocata una lapide per il centenario. Tra poco se ne potrebbe aggiungere una per i primi 170. Storia lunga e avvincente. Storia di palchettisti (cercare gli eredi e fare chiarezza sulla proprietà è – sarebbe – la prima questione da affrontare) e di restauri. Non mancano neppure liti in Tribunale (nel 1947 fra la SOMS “Baccarini”, che vinse, e “L’Accademia del Teatro”). Poi, all’inizio degli anni Cinquanta, la gestione affidata ai Pellegrineschi. Fino alla chiusura nel 2006.

C’è comunque un aspetto che conferisce al nostro “Appennino” (inteso come cinema) una sorta di primato: qui, complice la signorilità della “villeggiatura” che frequentava (allora) San Marcello Pistoiese e il ruolo della famiglia Cini, i film cominciarono a essere proiettati fin da subito. Fin da quando il cinema era muto. Possiamo dire che la nostra è di sicuro una delle prime sale cinematografiche in Toscana. Forse non solo qui.

Una sala da sempre moderna. Come dimostrato anche in una recente pubblicazione (“Almanacco”) di Adriano Lori, appassionato spulciatore di cronache passate. Si può risalire al 25 dicembre 1932 con la partenza di un “nuovo impianto per la proiezione di film sonori al Cinema Teatro Appennino”. Da notare che il primo film sonoro italiano venne presentato al pubblico il 7 ottobre 1930 in un cinema di Roma: pochi mesi dopo, agli albori della nuova meraviglia, San Marcello aveva già il suo “nuovo impianto”

Ma si può risalire ancora di 20 anni: al 28 gennaio 1912. Più di un secolo fa. E si scopre che “la direzione del cinematografo ha acquistato dalla Società Internazionale delle Macchine Parlanti uno splendido fonografo che è l’ultima creazione di queste macchine”. Proprio così: il “muto” stava muovendo, come industria, i primi passi e nella periferia di San Marcello Pistoiese già, da tempo, si proiettavano film in un “cinematografo”. E permettendosi pure il lusso delle ultimissime (per allora) tecnologie. Un secolo pieno di cinema in una sala di paese. Non è, questo, un record?

Basterebbero questi pochi dati (e qualche ricerca in più chissà cosa potrebbe far ancora scoprire …) per consegnare alla nostra buona volontà l’idea – il sogno – di riaprirla, una sala come questa: mettendola ancora a disposizione – con le tecnologie oggi ultime: il digitale, il web, le distanze azzerate – della comunità.

In un paese dove non mancano le rovine (penso all’incredibile vicenda dell’ex conservatorio di Santa Caterina e all’immagine di devastazione a cui prima o poi qualcuno dovrà pur mettere fine) non mancano neppure le opportunità: la chiesa di Santa Caterina è, certo, una di queste. Ma anche il cinema teatro “Appennino”, con la sua storia e il suo primato, lo è. Nulla è facile e nulla è scontato, certo: tutto, anzi, sembra convergere sulla impossibilità attorno a questo tipo di recuperi in un contesto dove a viverci sono persone sempre minori come numero e maggiori come età. Eppure, se ci pensiamo bene e se lavoriamo, tutti insieme, attorno a un progetto serio, puntando su originalità e qualità, forse qualcosa si può ancora fare.

La comunità (chi vive a San Marcello ma pure chi qui ha avuto le sue origini e oggi vive chissà dove ma prova ancora attaccamento per il paese) può forse fare la sua parte: ma avrà certo bisogno di una amministrazione comunale che, a sua volta, abbia voglia di assumere questa sfida. Per riaprire (o almeno tentare di farlo) il nostro “Cinema Paradiso” che prende il nome di una montagna lunga come l’Italia e conserva ancora sui muri e nel soffitto la poesia di Chaplin, il fascino di Rodolfo Valentino, le commedie dei telefoni bianchi, i divi di Hollywood, le magie di Fellini, i duelli di Clint, i cazzotti di Piedone, i fianchi di Edwige, chilometri di pellicole, milioni di baci e di carezze, tonnellate di risate e di lacrime. Eccetera eccetera eccetera.

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