San Mario che oggi stai in Chigi, pensaci tu.
Nell’oceano di cose che adesso ti tocca fare mettici anche qualche secondo (a te ne basteranno una decina) per far tornare quel nome – antico e chiaro – con cui eravamo abituati a chiamarlo, quel documento scolastico che un tempo incuteva attesa e timore mentre oggi fa solo ridere.
Per noi era, semplicemente, la pagella. Oggi la chiamano Rilevazione dei livelli di apprendimento nelle discipline e nella convivenza civile e del comportamento. Arrivava ogni trimestre o ogni quadrimestre. Oggi, nell’era del politicamente corretto, è divisa in periodi intermedi.
Ne ho fra le mani una, di pagelle-non-più-pagelle, riferita al primo periodo intermedio di un anno scolastico così già particolare di suo (il 2020/2021) da non meritare obbrobri ulteriori.
Riferito a bambino di prima elementare, dunque a un essere ancora innocente e certo incolpevole delle perversioni ministeriali, questo foglio, già banalizzato di suo, conferma non solo la necessità di dure pene corporali per chi (immagino valangate di esperti, pedagogisti, dirigenti) l’ha costruito ma anche la massima comprensione per quegli ottimi maestri costretti a riempirlo.
L’unica cosa che si capisce ancora bene sono i titoli delle materie. Considerando religione, sono 12. Anche solo leggendole (italiano, inglese, storia, geografia, matematica, scienze, musica, arte e immagine, educazione fisica, tecnologia nonché la nuovissima educazione civica) viene voglia di tornare a scuola. A queste va aggiunto il mitico comportamento (un tempo chiamato condotta). Voglia che passa subito.
Un tempo a ogni materia corrispondeva un voto. Ed era facile capire: dal 6 in su si sorrideva, dal 6 in giù si piangeva. 8 o 9 era felicità, 3 o 4 erano guai.
Qualcuno deve aver pensato che “dare i voti” era crudele: dunque oggi si ragiona non per voti ma per (sic) “livelli raggiunti”. Livelli che sono quattro: dal più scarso (in via di prima acquisizione) al migliore (avanzato); nel mezzo stanno base e intermedio. All’incirca: 5, 6, 7, 8.
Ogni materia presenta un certo numero di griglie: da due per musica e tecnologia a cinque per l’italiano. E per ogni griglia i maestri devono indicare, appunto, il livello raggiunto dall’alunno.
Chi, a proposito di linguaggio oscuro, voglia divertirsi può leggere i titoli delle griglie (pardon: i titoli degli obiettivi oggetto di valutazione del periodo didattico). La rassegna del buro linguaggio è fantozziana.
Interagire con il gruppo classe utilizzando espressioni e frasi memorizzate adatte alla situazione (inglese parlato). Utilizzare gli indicatori topologici (orientamento). Utilizzare il (sic) coding come supporto alla risoluzione dei problemi (educazione civica). 30 indicatori in tutto. Sfido Massimo Cacciari – uno che in genere sa tutto e non ci tiene a nasconderlo – a capirci qualcosa.
I bambini così rilevati nei loro livelli di apprendimento, per fortuna sono ancora piccoli. Loro se ne fregano di leggere questa roba. Ma i genitori no: è per i genitori che le pagelle vengono elaborate.
Loro vanno al sodo: base oppure intermedio? In via di prima acquisizione oppure avanzato? Insomma: il mio bambino come va? Cinque o sei, sette oppure otto?
Volendo capire i criteri per cui il livello raggiunto è uno fra questi quattro, ci sarebbe da affrontare la legenda. Scritta, sul retro, dà la spiegazione.
E dunque anche il genitore che in casa non legge un libro da quando era piccolo (praticamente l’85%) può subito capire, ad esempio, come per base si intenda un alunno che (sic) porta a termine compiti solo in situazioni note e utilizzando le risorse fornite dal docente sia in modo autonomo ma discontinuo sia in modo non autonomo ma con continuità. Scritto proprio così. Oltretutto in caratteri lillipuziani che, per fortuna, nessuno legge. Identica astruseria di linguaggio sta negli altri tre livelli di apprendimento.
Torno a super Mario. Solo lui può rimediare: lui che di numeri pare se ne intenda, stupisca sul serio. In primo luogo faccia tornare i numeri sulla rilevazione dei livelli di apprendimento. In secondo luogo faccia tornare, la pagella, a farla chiamare così: pagella. E già che c’è rimetta i nomi delle scuole al posto giusto: materna, elementare, media inferiore, media superiore. Non ne possiamo più di primaria di primo grado, primaria di secondo grado, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e altre aberrazioni del genere.
Dai Mario: non è difficile. Uno come te, certo di livello avanzato, può farcela.