La notizia del giorno, per quanto riguarda il referendum del 4 dicembre (e sono curioso di vedere quale sarà il rilievo che le daranno i media) è il ricorso presentato da Valerio Onida contro il quesito referendario. Un ricorso doppio (al Tribunale di Milano e al Tar del Lazio) che si somma a quello presentato 5Stelle e Sinistra Italiana.
Se uno come Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale nonché uno fra i giuristi italiani più noti, decide di fare questo passo (leggo lo ha fatto, insieme a un’altra docente, come privato cittadino), la curiosità di vedere come andrà a finire – già alta dopo l’altro ricorso più politico – in me, e penso non solo in me, aumenta.
In definitiva anche il prof. Onida contesta, nel famoso quesito referendario che Renzi e il “Si” stanno bene usando come facile trampolino propagandistico, il fatto che è indicato il titolo della legge di riforma costituzionale ma non gli articoli, uno per uno, che quella legge modifica. Né il loro contenuto. Ciò violando una, in effetti chiara, norma prevista nella legge del 1970: la legge su questo tipo di referendum.
A occhio e croce (io non sono né giurista né esperto, per carità …) non mancano le ragioni per dare ragione a questa impostazione critica (visto, per esempio, che la legge del 1970, la 352, distingue fra ciò che si deve scrivere quando (art. 4) si chiede ai cittadini di firmare per indire il referendum e ciò che si deve scrivere (art. 16), una volta raccolte e validate le firme, nel concreto quesito da sottoporre a referendum. Possono parere questioni di lana caprina, ma nel diritto – e specie in un referendum costituzionale – la forma è sostanza.
Leggo poi che Onida ha sollevato altre questioni. Una mi pare clamorosa: nel decreto del Presidente della Repubblica che indice il referendum, questo è indicato come “confermativo”: Onida fa presente che questa qualifica non trova riscontro nella legge del 1970 che, appunto, non usa la parola “confermativo”.
Altro motivo di contestazione è il fatto che il quesito scelto è unico pur riguardando materie molto diverse: sarebbe dunque leso il diritto del cittadino a votare “in piena libertà” potendo solo, su questioni molto diverse fra loro, votare solo “Si” o solo “No”.
Fra l’altro il quesito … di Renzi riguarda “solo” 5 aspetti (scelti fra quelli più facilmente … comunicabili) mentre la riforma della Costituzione su cui andremo a votare, di aspetti, ne riguarda anche diversi altri. Anche questo può essere, sotto il profilo giuridico, un pastrocchio.
Ripeto: sono davvero curioso di vedere come andrà a finire, a campagna elettorale già iniziata da tempo, questa specifica vicenda. Non mi meraviglierei di nulla.