Un “corto” cinematografico girato in un carcere. L’eterna storia di Maria, la madre del Cristo fra pochi giorni bambino, che piange sul corpo del figlio ucciso. Uno Stabat Mater tratto da una raccolta poetica di Grazia Frisina, donna sensibile che nella pianura di Pistoia compone poesie delicate e forti.
Una Maria e una Corifea interpretate da due attori “veri” (Melania Giglio e Giuseppe Sartori). E un coro formato da loro, 9 detenuti di diverse etnie e appartenenze linguistiche che si trovano nel carcere pistoiese di Santa Caterina in Brana a espiare reati di varia natura.
Regista dell’operazione, con l’associazione culturale Electra, Giuseppe Tesi: lui ha scelto il testo e lui, in un anno di non semplice lavoro, ha guidato e concluso le riprese. Tutto è stato possibile anche grazie alla dirigenza e a chi lavora in quel carcere, sotto la guida di Loredana Stefanelli.
“L’obiettivo cardine del progetto – sottolinea Tesi – è in linea con l’articolo 27 della nostra Costituzione e mira a valorizzare le persone dei detenuti avendo presente la necessità di promuoverne un reinserimento sociale capace di superare logiche strettamente assistenziali”.
Il “corto” adesso è in fase di post produzione. Il progetto ha avuto vari finanziamenti e aiuti (Fondazione Cassa Risparmio Pistoia e Pescia, Fondazione Un raggio di luce, Ordine Avvocati, Società della Salute, Misericordia, Fondazione Tesi Group), ma Electra ha ancora bisogno di aiuti. Per questo è stata lanciata una campagna di crowdfunding. Chi fosse interessato può donare qualcosa (IBAN di Electra Teatro Pistoia: IT 34 T 07601 13800 00000 9533944).
L’operazione a me – che in anni lontani visitai, per lavoro, quasi tutte le carceri toscane trovandovi tanti spunti di seria e non scontata riflessione – l’operazione è parsa bella. Non ho visto il prodotto finale, quel “corto” che ancora sta in fase di post produzione. Ma conosco Grazia Frisina e avevo letto, già qualche anno fa, il suo Stabat trovandolo degno di attenzione: potente.
Mi pare utile, bello, contribuire con una libera donazione, in giorni che ricordano la nascita di un Bambino destinato a soffrire così tanto fino a morire su due legni incrociati per aver insegnato a voler bene.
Chi, meglio di detenuti così sempre da noi dimenticati, può gridare il “coro” attorno a una Madre così straziata da un dolore così terribile? Mi auguro di vederlo presto, questo “corto” di Giuseppe Tesi. Intanto grazie a chi ha camminato su questo sentiero. E avvicinandoci a un Natale davvero strano, finiamola – almeno per un attimo – finiamola di spaventarci sui dettagli (chi se ne frega del cenone?) e facciamoci condurre attorno all’essenziale. Si sia, noi, credenti o meno.
Tu abbattendo gli ori e gli smalti dei palazzi/ gli steccati delle leggi e delle frontiere/ volesti conversare con gli idioti e i muti/ coi cuori di scarto/ mescolarti a loro/ di miseria in miseria/ affiancarti ai cani randagi agli storpi e ai ciechi/ sederti nelle periferie con le puttane/ sotto i ponti o nelle galere/ con i dissacrati i dimenticati – tuoi fratelli./ Fra le discariche dove hanno il loro covile/ delitti relitti e zecche. (dallo Stabat Mater di Grazia Frisina)
NB)- Possiamo capire bene – affidandoci a un coro di detenuti che ricordano cosa sarebbe diventato quel Bambino oggi da noi tanto osannato – come il cenone di Natale o le tombolate fra parenti, gli acquisti di doni in genere inutili o l’orario di inizio della Messa di Mezzanotte, siano solo fuffa. L’essenziale sta altrove. Ad esempio in un carcere.