Serata bella (ma bella davvero: una delle poche – lo dico da frequentatore frenetico di convegni eccetera – che quando è finita non avresti voluto lo fosse ma, anzi, eri pure disponibile a sforare la mezzonotte) quella che ci ha regalato “Agorà” di Quarrata.
Con Martina e Andrea, quarratina lei e “nordico” lui, impegnati, con una leggerezza che ci ha colpito in molti, a raccontare il viaggio della loro vita: a cavallo fra il 2014 e il 2015, cinquantenni o poco più fra tutti e due, hanno fatto “le cicale” (comunque per modo di dire: un budget medio cadauno, giornaliero, di 27 euro) dopo aver passato molto del tempo precedente a fare “le formiche” (cioè a raccogliere quei denari necessari per il loro obiettivo); hanno viaggiato il mondo intero, prendendosi tutto il tempo necessario, cioè quasi un anno, e dunque facendo i conti con “signora” lentezza: signora assai poco praticata oggi. E hanno viaggiato con tutti i mezzi possibili (nave e treni, bus e autostop, non escludendo l’antichità dei piedi) evitando il mezzo più veloce in assoluto, l’aereo.
Circumnavigando il globo hanno traversato più di 20 Paesi, con le relative frontiere, andando prima verso Nord (alcune capitali d’Europa) e poi puntando a Est: la grande Russia, la grande Cina, il lontanissimo (in tutti i sensi) Giappone e poi l’Oceano e poi l’America Centrale, la frontiera con gli USA, gli USA coast-to-coast, l’altro oceano; per finire in Spagna e Francia rientrando dunque, per la gioia comprensibile di mamme e parenti vari, in Italia con oltre 30 mila foto e un carico di ricordi, sensazioni, conoscenze che ieri sera, in quel di Vignole, ce li ha fatti simpaticamente “invidiare”.
Hanno raccontato molto, e credo continuino a farlo, in un loro blog di viaggio. Ma ascoltarli dal vivo ne valeva la pena. La leggerezza dei loro anni anagrafici (Dio mio che invidia: quando gente come me aveva la loro età, vigevano ancora regole ferree, e sostanzialmente ipocrite, secondo cui era “meglio” non girare troppo da soli, specie di notte, tra fidanzati … Vallo a raccontare adesso) si unisce alla leggerezza di un racconto, incrociato fra loro e sostenuto da una quantità industriale di foto spesso anche molto belle, dal quale si capisce il divertimento e l’apprendimento. Si sono divertiti un sacco. Hanno appreso chissà quanti “sacchi” di sapienza.
Fra i tanti esempi, alcuni mi sono restati. Se in tanti, specie qui nel pratese denso di cinesi, spesso ci risentiamo davanti ad alcune abitudini “strane” di queste persone, fra cui la pretesa di salire sui bus prima che chi deve scendere lo abbia fatto, Martina e Andrea ci hanno spiegato che là, in Cina, è normale salire e scendere da un autobus in contemporanea, perché ciascuno lo fa, in modo ordinato, seguendo la sua direzione. E che dire di noi: ci sconvolge il cibo con carne dei cani ma proviamo piacere a mangiare … carne delle anatre.
Poi l’esperienza negli “States”, unico spazio dove i ragazzi (e lo raccontano con grande sensibilità), per via di carte di credito non molto dotate, hanno avuto la sensazione di essere considerati alla stregua di “barboni”. E poi le tante offerte di ospitalità in abitazioni private, tante amicizie vere, i cibi spesso inquietanti (grilli compresi) assunti senza gli atteggiamenti schifiltosi che gente come me avrebbe di sicuro mostrato, i cambi di monete e di carrelli ferroviari, il mondo visto non dai palazzi ma attraverso la vita delle persone comuni, le modalità per comunicare (la serata di “Agorà” – come hanno spiegato Renata Fabbri e Lorenzo Rossomandi – partiva proprio dal taglio legato alla comunicazione), cosa ci si porta dietro per un viaggio così lungo, il rito di lavare i panni, come si fa se ti prende una diarrea e come ci si spiega in una farmacia dove non parlano inglese. E la disponibilità ovunque, anche nei luoghi dove non te lo aspetteresti, del web e dunque delle comunicazioni quotidiane con chi, a casa, magari un po’ di ansia la prova sapendoti così lontano: proprio questo aspetto ha dato modo, nel dibattito, a un altro signore più anziano – pure lui, da sempre, giramondo solitario – di interagire su come, quando il web non c’era, era più difficile comunicare ma era anche più facile “staccare”.
Fra le curiosità, una mi ha colpito: un quartiere di Vilnius, capitale della Lituania, che da 20 anni si è proclamato “repubblica” indipendente. Un quartiere – Uzupis, questo il nome – che sta al di là del fiume (il Vilnia) e che si è dato una legge primaria: la “Costituzione della Repubblica di Uzupis“. Tutti da leggere i 41 articoli. Quasi tutti cominciano con “ogni uomo” (linguaggio per noi politicamente scorretto ma significa certo “ogni persona”) e proseguono “ha il diritto di”. E fra i diritti ce ne sono di stupendi: “non avere paura” (38), “avere dei dubbi, ma non è un dovere” (15), “prendersi cura di un cane, fino alla morte di uno dei due” (11), “essere pigro o oziare” (9), “essere frainteso” (34), “piangere” (33).
Quattro articoli sostengono che “nessuno ha il diritto di”. E specificano cosa: “usare la violenza” (20), “pretendere l’eternità” (22), “condividere ciò che non ha” (29), “rendere colpevole il prossimo” (35). E poi c’è l’articolo 2. “Ogni uomo – scrive – ha il diritto all’acqua calda, al riscaldamento d’inverno e a un tetto di tegole”. E’ la libera repubblica di Uzupis, dall’altra parte del fiume che scorre lento in quel di Vilnius.