Il voto elettorale aumenta la paura del vuoto politico; ma pure il bisogno di pacatezza, la voglia di equilibrio. E si propone la vecchia questione circa la presenza, anzi l’assenza, di formazioni politiche strutturate in base al pensiero sociale cristiano: nulla, certo a che fare con una Democrazia Cristiana mai, peraltro, passata di moda e, anzi, oggi per qualcuno reincarnata addirittura nei post grillini. Nulla a che fare neppure con quel tentativo (“Il popolo della famiglia“) che abbiamo visto in queste ultime elezioni e di cui era facile prevedere velleitarismo e insignificanza
Qui si intende altro, consapevoli che la storia non si ripete, ma consapevoli anche di quanto manchino, oggi, certi stili, certi metodi, certi contenuti.
Fatta apposta per impedire maggioranze chiare, la legge elettorale consegna una maggioranza che non c’è. Consegna un quadro caratterizzato dalla forte affermazione di forze cosiddette “antisistema” (più di 16 milioni di italiani hanno votato Lega e 5Stelle; altri 12 non sono andati a votare; altri 3 hanno disperso il voto).
E’ bene premettere quell’aggettivo: la storia insegna quanto poco, nei palazzi romani, ci si possa mettere per adeguarsi, adagiarsi. Ma per adesso Lega a trazione salviniana e 5Stelle post grillini hanno vinto il voto: alla grande, offrendo proposte politiche “anti” a una popolazione, impaurita e arrabbiata, che ha dimostrato di gradire togliendo la fiducia a partiti che negli anni precedenti si erano confrontati, più o meno bene, con le difficoltà di governare realtà così complesse.
Nell’attesa di capire in quanto tempo gli “anti” si normalizzeranno e dunque in quali direzioni potrà andare, subito dopo, il disagio tradito, resta l’altra questione: il bisogno di una politica portata avanti, nelle istituzioni e nella società, in modo diverso. E, dunque, anche la possibilità di formazioni politiche “altre”: magari basate proprio anche su quel patrimonio (il pensiero sociale cristiano) che bene potrebbe aiutare, in un contesto di innovazioni galoppanti, nella ricerca di soluzioni finalmente non basate sull’unica ideologia oggi sopravvissuta e vincente, il neoliberismo.
Chi ha a cuore il futuro del Paese, il bene comune, la democrazia, chi avverte forti i rischi di derive prima o poi davvero autoritarie (certo non con le forme antiche, ma con metodi aggiornati a un presente post digitale e crossmediale), forse potrebbe anche ragionare attorno a questo: la necessità di recuperare, in un laicissimo confronto fra credenti e non credenti, contenuti e stili per una Politica finalmente diversa.
In un Paese sull’orlo di una polveriera, incattivito e impaurito, pieno di ingiustizie e rancori, già oggi da “ricucire”. Già: ma come fare? Cosa fare? Chi deve fare?
Si potrebbe, forse, partire da quelle straordinarie realtà, piene di problemi ma anche di vitalità, che sono le parrocchie: luoghi abitati da gente vera, autentica; spazi dove ancora ci si può guardare negli occhi per capire e ragionare.
Qui, da molto tempo, non si parla di “politica” perché considerato terreno “divisivo”. Ma non si parla neppure di preparazione alla politica, di formazione, di studio sulle questioni concrete (la Laudato Sì, passata troppo presto nel dimenticatoio della nostra pigrizia, fornirebbe scenari incredibili).
Invertire la marcia forse non solo è possibile ma potrebbe risultare perfino utile: all’indomani della più brutta campagna elettorale che con una pessima legge elettorale ci ha consegnato un Parlamento senza maggioranza. Mentre tutti, ma proprio tutti, ci affidiamo alla saggezza, all’equilibrio, all’esperienza di un cattolico democratico che, per fortuna, con la sua credibilità, ci rappresenta tutti. Lassù, sul Colle più alto.