Capita di imbattersi in forme di volontariato che coprono momenti di lavoro. In altri termini: con la scusa del volontariato, del prestarsi gratis in favore di un prossimo spesso in difficoltà, qualcuno, che ha interesse a farlo, copre e maschera qualcosa che somiglia a un autentico sfruttamento.
In altri termini ancora: si prende un ragazzo (a volte pure centinaia e centinaia di ragazzi) e lo si occupa – senza pagarlo perché, appunto, trattasi di … “volontariato” – in attività lavorative che, in quanto tali, dovrebbero essere affidate, anche in base all’art. 36 della Costituzione, a personale retribuito. Si impongono turni. Si chiedono requisiti di professionalità.
In questo modo si ottengono diversi risultati: ai ragazzi di oggi, già sfiduciati in partenza circa la possibilità di avere lavori e non lavoretti, si offrono illusioni; dagli stessi ragazzi (anche facendo firmare fogli in cui si impegnano a fare “turni di tot ore”) si ottengono prestazioni gratuite quando invece, quelle stesse prestazioni, si sarebbero dovute retribuire se affidate in via normale.
Agli organizzatori non pare il vero: risparmiano risorse (ai ragazzi ad esempio impegnati a coprire gli “eventi” con i social o con le foto si chiede che siano loro stessi a portarsi le proprie strumentazioni). I finanziatori guardano con allegria questo tipo di “volontariato”.
Il pubblico si intenerisce vedendo tanti giovani, magari con le pettorine o con i “pass” in bella vista, che prestano “servizio”. Ai giornalisti, che se sono tali si rendono bene conto di come così non dovrebbe funzionare, ormai interessa poco tutto.
I ragazzi, ancora, sembrano contenti anche perché hanno modo di stare accanto, per qualche minuto, a qualche vip (vero o presunto) oppure perché si sono fatti motivare dalla retorica di quanto-è-bello-essere-volontari-in-un-così-grande-e-nobile-progetto-sociale: aiutare bambini malati, star dietro un festival culturale …
Ormai nessuno si stupisce più di nulla. Nella logica dei “lavoretti” e del “volontariato” mascherato, tutto è normale. Se uno scrive ciò che sto scrivendo, corre il rischio di passare per retrogrado o, se va bene, per il solito polemico che non ha altro da fare. Perfino la scuola (quella istituzione che dovrebbe preparare i giovani a essere non soldatini ubbidienti ma cittadini consapevoli e critici) si fa spesso coinvolgere, con i cosiddetti “crediti”, in quel tipo di logiche.
Quanto bisogno di Politica, con la P maiuscola, oggi ci sarebbe! E quanto, ormai, la politica ha perso il suo significato se un concetto così bello (volontariato) viene usato anche in questo modo …