A proposito di sangue infetto (con la sentenza della Corte Europea dei diritti umani che, da Strasburgo, obbliga lo Stato italiano a risarcire qualche centinaio di ricorrenti fra i tantissimi connazionali che subirono danni. Con le associazioni dei malati impegnate a chiedere fondi più consistenti) sarò anche un ingenuo, ma resto colpito dalla scarsa attenzione riservata dai media alla vicenda. Scarsa attenzione anche in terra toscana dove, forse, non mancherebbero motivi per tenere accesa l’informazione.
La vicenda è antica. Risale agli anni Settanta/Novanta del secolo scorso. Roba – si direbbe – da “prima repubblica”. Ma si contano ancora oggi, nell’ordine di decine e decine di migliaia, le persone che contrassero malattia per non parlare di quelle che non possono più raccontarlo perchè passate all’altra vita: malattie prese non per un caso ma perchè – ecco il punto, come in una piccola nota ricorda oggi anche il Corsera – ci furono “aziende che pur conoscendo il rischio infettivo di certi preparati (derivati del sangue) hanno continuato a immetterli sul mercato” con “rappresentanti delle autorità sanitarie” che lo permisero “a fronte di un pagamento di tangenti, come era emerso nell’inchiesta Mani Pulite”.
Non è male tenere alta la memoria su una vicenda così lunga e penosa, ad esempio cliccando sul sito dell’associazione dei politrasfusi. Ma non sarebbe neppure male, anche come giornalisti, interrogarci sul perché di questa, trasversalissima, “timidezza” nel ricordare la vicenda.