Le parole sono pietre. Malissimo hanno fatto le destre (a questo punto, di centro destra, non esiste più neppure il concetto) ad astenersi sulla mozione Segre. Male ha fatto, in particolare Forza Italia o quel poco di ciò che ne resta. La cartina di tornasole che rende ancora più pesante l’errore è anche stato non essersi poi uniti all’applauso corale che veniva tributato, in Senato, a una donna come quella: per ciò che rappresenta, per le nobili parole di non odio appena rivolte verso i suoi odiatori.
Non mancano – sono convinto – considerazioni interessanti in chi avverte, rispetto al controllo esercitato da autorità politiche, sui possibili pericoli “illiberali” nei confronti di un bene, la libertà di espressione oggi assicurata da una Costituzione nata proprio dopo le rovine del nazifascismo. Ma quelle considerazioni andrebbero portate avanti, sostenute e difese, proprio anche nell’ambito di quella Commissione. Davvero brutta, insomma, la scivolata di queste destre.
La vicenda, ma soprattutto l’esistenza di odiatori digitali che possono sempre trasformarsi in odiatori in carne e ossa, rilancia l’importanza di un documento varato l’anno scorso ad Assisi. Una “carta” che prende nome dalla città del Santo, valida per i giornalisti (o per ciò che resta oggi di una professione un tempo così nobile e utile) ma interessante per chiunque. Ad esempio per chiunque scrive su social troppo spesso capaci di tirar fuori, da ciascuno di noi, persone “normali”, non il meglio ma il peggio.
Eccoli qua sotto, riportati integrali, i punti del “decalogo”. E’ un “manifesto internazionale contro i muri mediatici e l’uso delle parole come pietre”. Intende aiutare ciascuno di noi, giornalista o meno, a salvaguardare “la buona informazione e un linguaggio improntato al rispetto, alla veridicità e alla responsabilità”.
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1 – L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere. Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.
2 – Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico. Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.
3 – Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e di essere visibili. Diamo voce ai più deboli.
4 – Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani. Impariamo il bene di dare i numeri giusti.
5 – Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti.
6 – Facciamoci portavoce di chi ha sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio. Diventiamo scorta mediatica della verità.
7 – Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone. Non pensiamo di essere il centro del mondo.
8 – Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente. Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune.
9 – La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone.
10 – San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete. Diamo corpo alla notizia, portiamola nelle piazze digitali.