Nel piccolo paese toscano, in anni neppure troppo lontani, fra i Carabinieri in servizio lui era “il” classico maresciallo: brava persona, bravo carabiniere, bravo maresciallo. Quando, in paese, c’era qualche problema, piccolo o grande, lui c’era sempre. E in prima fila. Senza delegare. A servizio della comunità: la rispettava, ne era rispettato.
Dei secoli di “fedeltà” – motto di un’Arma che resta comunque orgoglio del Paese – a lui erano toccati diverse decine di anni. Un punto di riferimento per tutti: gente importante, gente semplice. Lui era “il maresciallo”, prototipo di tanti colleghi che scelsero questo mestiere.
Poi la pensione. E poi, non molto tempo dopo, l’arrivo del male oggi “affezionato” a molte persone già alla soglia dell’età un tempo detta “terza”. Una forma di “demenza” senile (parola orrenda, ma rende l’idea) colpì prima la moglie per poi scatenarsi su lui. La conoscenza di un altro dolore, il più terribile per un babbo e una mamma, fu ed è loro risparmiata dalla pietas di parenti e amici, con quella che si dice “bugia compassionevole”.
Da anni la loro vita scorre su binari “altri”. All’apparenza inutile. Di loro, per fortuna, si occupano persone deliziose: deliziose e anche allegre – difficile crederlo, ma è così – nel complicato compito di tenere pulita non solo una casa ma anche due vecchi tornati bambini.
Una vita all’apparenza spenta. Spenta e piena di solitudine: in mezzo a situazioni che a un osservatore estraneo possono parere perfino buffe (lui, il maresciallo un tempo forte di fisico e rapido nel decidere, ogni tanto grida di dover andare “subito per servizio a Milano” quasi ordinandoti di portarcelo mentre lei non si capacita del perché tutto il giorno gli stia attorno “questo qui che non so chi è”).
Una mattina di sole settembrino scendi per prendere la macchina in garage. Lo vedi sulla sedia a rotelle: sguardo perso nel vuoto, impegnato in chissà quali pensieri. “Che fa, maresciallo? Ha visto che bel sole stamattina?” è l’unica cosa, di scontata banalità, che ti viene in mente.
E lui – che a volte conosce, a volte mica tanto – ti guarda con un sorriso. Stavolta ha conosciuto. Spinge la sedia verso la ringhiera, “Ma se oggi è solo perché non viene a mangiare da noi?”. Tenerezza.