Avrà ragione o avrà torto Edoardo Bianchini nella sua furiosa battaglia di uno contro tutti?
Presto (ma trattasi di avverbio da riferire ai tempi della giustizia italica) forse lo sapremo: in un’aula di Tribunale, sotto il cartello “La legge è uguale per tutti“, ci sarà il processo e lui, chiamato in giudizio da non so quante persone, avrà modo di portare le prove attorno a ciò che lui sostiene essere marcio o, comunque, non legittimo. Da notare che già i suoi scritti riportano ampia documentazione: foto, cartine, atti, rilievi …
In primis alcune vicende, lontane nel tempo, su stradine collinari quarratine che sono state chiuse mentre, a suo giudizio, dovevano restare aperte perché “bene comune”, patrimonio di tutti.
E’ vero che quelle stradine sono state chiuse e che lo sono state in modo irregolare? E’ vero che quella Amministrazione Comunale, nel corso del tempo, ha discriminato – come il Bianchini sostiene – fra cittadini di serie “A” e cittadini di serie inferiori? E perché fra i tanti che hanno querelato Bianchini nessuna querela (almeno per come la so) è venuta da quel Comune, da amministratori e/o da tecnici che Bianchini, da mesi, continua a prendere per i fondelli, ad accusare di nefandezze varie? Perché nessuna testata locale ha fatto, su una questione così piccola, qualcosa che potesse somigliare a un’inchiesta giornalistica? I casi, peraltro, sono solo due: o Bianchini, sulle stradine chiuse in modo irregolare, ha torto oppure ha ragione.
Per chiarezza ripeto due o tre cose. La prima: molto mi divide dalla scrittura di Edoardo Bianchini (partendo dalla sacrosanta rivendicazione del diritto di satira, lui per scelta tende all’esagerazione ma finisce, secondo me, per essere controproducente rispetto alle sue battaglie). Una maggiore pacatezza forse gli gioverebbe.
La seconda: molto mi divide dalla sua concezione politica (per lui, che ce l’ha così tanto con i “cattocomunisti”, io credo di essere catalogato in quella categoria. Magari buono e ingenuo. Ma pur sempre tale). Ma gli riconosco una indipendenza di giudizio (attacca tutti, nessuno escluso) non facile da trovare in un contesto di tifoserie contrapposte.
La terza: molto mi divide dal suo modo di “non credere” in Dio e dalle sue feroci critiche a Papa Francesco (io sono un “papista”, sempre fedele alla linea di una Chiesa fatta, ad ogni suo livello, compreso quello dei laici, da persone e dunque piena di peccatori. E, in particolare, amo non solo questo Papa ma pure quel Dio che secondo Edoardo non esiste). A dirla tutta, secondo me Edoardo stesso non crede fino in fondo che Dio non esista. Ma sono fatti suoi.
Detto questo sono uno fra quelli (pochi in pubblico, la cortina di silenzio ufficiale. Qualcuno in più, presumo, in privato) che restano colpiti, coinvolti, dalle sue battaglie “giornalistiche”. Anzi: oggi non più tali (si è “sbattezzato”, cioè ha voluto essere “cancellato” dall’Ordine professionale), ma oggi battaglie da cittadino. Condotte, come dice lui, ai sensi del 21 della Costituzione.
Battaglie sempre parecchio, ma parecchio, sopra le righe. Battaglie per le quali, quando ancora era iscritto all’Ordine Giornalisti, ha dovuto fare ben 104 giorni di carcere (sia pure in casa: arresti domiciliari) perché accusato di “stalking giornalistico”. Accusa in effetti a dir poco singolare e perfino pericolosa se questo strano “reato” (peraltro inesistente) venisse esteso ad altre e altri colleghi di una categoria già peraltro parecchio disabituata a fare domande scomode, a essere “quarto potere” (il mitico film compie 80 anni. Preistoria), a fare il “cane da guardia” di chi detiene altre forme di potere (questa dei “giornalisti cani da guardia” è figura retorica ormai non usata più neppure nei corsi formativi tanto, salvo qualche vero eroe, è in oggettivo disuso).
Normale, giusto, necessario aver tenuto, per oltre tre mesi, ai domiciliari con l’accusa di (sic) “stalking giornalistico” un giornalista (allora iscritto all’Ordine professionale) per colpa di ciò che lui aveva scritto e continuava a scrivere? Ammesso che tali scritti fossero “diffamatori”, è stato normale, giusto, necessario privare quel giornalista della libertà? Sul piano tecnico giuridico, ovviamente, io non ho risposte. Su piani diversi qualche dubbio, confesso, continuo ad averlo.
Ripeto: mi colpiscono, mi incuriosiscono, le battaglie del mio quasi omonimo. Ne ho anche parlato con qualche collega. Pistoiese e non solo. Ho chiesto il perché dei loro silenzi su un collega (o ex collega) che conduce una così dura campagna stampa su cui avrà torto o avrà ragione (vedranno altri) ma che, in ogni caso, nel piattume locale, come minimo è una “notizia”, tale da meritare almeno qualche approfondimento. In cambio ho ricevuto ironie, alzate di spalle, inviti a “lasciar perdere”, considerazioni sul fatto che l’uomo avrebbe, da tempo, “perso la testa”.
E’ dunque “pazzo” il furioso Edoardo Bianchini? Nella sua testa – che, non scordiamolo, è comunque testa di raffinato intellettuale, serio conoscitore di lingue cosiddette “morte” – gli mancano davvero diverse “rotelle”?
In genere sono uno che ha fiducia nella magistratura. Continuo ad averla anche se episodi recenti, di pubblico dominio, mi hanno inquietato come, immagino, abbiano inquietato molti. Immagino come sia difficile, complesso, giudicare un proprio simile (per qualche anno ho anche fatto parte della magistratura interna ai giornalisti. Ho dovuto studiarmi fascicoli per “giudicare” colleghi. Un lungo periodo che non rimpiango ma che mi ha insegnato qualcosa).
Quella fiducia, nel “giudice a Berlino”, mi resta comunque. E tornando al Bianchini, sono certo che la sentenza nel suo processo pistoiese sia ancora da scrivere. Mi auguro, cioè, che lui abbia torto marcio nel ritenerla già “anticipata”, a suo sfavore, per via di quella “cricca di potere” che lui – e anche qui mi auguro abbia torto marcio – ritiene esistere nella “città del silenzio” dove molto accade ma meglio non parlarne in pubblico.
Arrivo perfino ad augurarmi che abbia torto marcio. Che quelle stradine di campagna collinare – tutto è iniziato lì – se davvero sono state chiuse, lo siano state in modo legittimo e non perché qualcuno ha voluto discriminare fra cittadini.
Ma sotto sotto – in una parte di cervello che spera di non aver già perso pure lui qualche “rotella” – si fa spazio un piccolo dubbio: e se l’Edoardo furioso, pure nelle sue foghe esagitate, un po’ di ragione, o perfino tutta intera, ce l’avesse? Che figura ci faremmo tutti noi (Ordine Giornalisti compreso) che davanti a quelle denunce certo esagitate, davanti a quelli sfottò certo poco eleganti, davanti a quel pensiero certo “politicamente” assai scorretto ci siamo voltati dall’altra parte o abbiamo messo il volto in modalità “compatimento”?