In una mattina di forte dolore (i fatti di Bruxelles, il sangue versato presumibilmente nel nome di un Dio …) continua la mia lettura del “Ponzio Pilato” di Aldo Schiavone. Sono arrivato a quello che il professore definisce “il punto più alto di tutto il confronto”, il confronto fra Gesù e il governatore romano: quando rispondendo alla domanda “Dunque tu sei re?”, Gesù se ne esce con una frase complessa (“Tu dici che sono re. Io per questo sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza della verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce”) cui Pilato – ecco il punto “più alto” – replica con le quattro, famose, ambigue, eterne, parole e, dunque, di nuovo con una domanda. “Che cosa è la verità?”.
Mi sono anch’io sempre chiesto quale fosse il tono usato da Pilato nel pronunziare quelle quattro parole. Di toni, infatti, ce ne possono essere diversi e ciascuno fornisce un senso diverso, molto diverso, alle parole.
Mi trovo a concordare con Schiavone secondo cui le interpretazioni “sarcastiche” (esempio quella di Nietzsche) non spiegano bene. Il governatore romano, sempre più incerto per la decisione che gli era stato chiesto di prendere davanti alla forza di questo singolare predicatore, “lo prende molto sul serio e si limita – scrive Schiavone – a manifestare piuttosto la perplessità di chi non ha capito. Gesù testimonia il possesso di una certezza assoluta di cui Pilato non comprende l’origine e il fondamento. Le oppone perciò la problematicità di un buon senso nutrito di ragione … La sua domanda non è distruttiva … contrappone la curiosità della conoscenza e il valore del dubbio alla proclamazione assertiva della fede. Ma accetta nello stesso tempo il terreno che gli sta proponendo l’interlocutore. Anzi, con la sua domanda Pilato cede in modo definitivo il protagonismo del dialogo. Si riduce, per così dire, a giocare di rimessa. Le parti si sono invertite”.
Siamo nel capitolo terzo (“Dio e Cesare”) del libro uscito con il sottotitolo “un enigma tra storia e memoria”. Adesso inizia il capitolo successivo: “Il destino del prigioniero”. Quanta eterna modernità, nel confronto fra il l’apparentemente potente e l’apparentemente vinto, fra Cesare e Dio …