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Home»Politica»IN MARCIA, IN TANTI, CON FIACCOLE E SIRENE PER DIFENDERE UN OSPEDALE TRADITO.
Politica

IN MARCIA, IN TANTI, CON FIACCOLE E SIRENE PER DIFENDERE UN OSPEDALE TRADITO.

Mauro BanchiniBy Mauro Banchini2 Agosto 2025Updated:2 Agosto 2025Nessun commento8 Mins Read
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Un commento (lungo e sincero, senza peli sulla lingua) dopo la grande manifestazione sull’ospedale “Lorenzo Pacini”.

IN MILLE PER DIFENDERE L’OSPEDALE – Facendo una proporzione “ad cazzottum” sarebbe come se a scendere in piazza in quel di Pistoia fossero stati 10 mila. Oppure a Prato 21 mila. Oppure a Firenze 41 mila. Oppure a Milano 155 mila.

Cifre e proporzioni non dicono tutto, ma i circa 1.000 abitanti di una montagna pistoiese – che si sente abbandonata – scesi in piazza in prevalenza dai due Comuni più interessati (Abetone Cutigliano e San Marcello Piteglio) per difendere il loro (ex?) ospedale, erano davvero tanti: almeno considerando che nei due Comuni vivono – con un tasso di anzianità così elevato da rischiare il record nazionale – appena 9 mila persone.

A chiamarli nella piazza Matteotti di San Marcello, due sigle da sempre attive in difesa dell’ex ospedale “Lorenzo Pacini” (una struttura formalmente ancora aperta ma con sempre maggiori nubi sul suo futuro reale): l’associazione che prende il nome dal campionissimo “Zeno Colò” e il Comitato (CREST) per l’emergenza nella sanità toscana. A sostegno della manifestazione anche i loghi, e i sindaci, dei due Comuni più direttamente interessati.

UNA PROCESSIONE LAICA – Si è trattato di una breve marcia, illuminata dalle fiaccole. Una sorta di processione laica partita dal piazzale dell’ospedale e arrivata dopo poche centinaia di metri sotto la loggia della piazza principale.

Si sentono abbandonati, i montanini che hanno aderito all’appello. Traditi come il loro antico ospedale e anche un po’ presi per i fondelli da una politica che, almeno da una dozzina di anni, sembra aver fatto tutto tranne che aver avuto, con i cittadini, un comportamento leale e trasparente.

UN PASSATO IN SINTESI – In un cartello gli organizzatori hanno riportato la sintesi della vicenda. Se il Pronto Soccorso (PS) di quell’ospedale (un ospedale che fino a qualche anno prima era considerato, nei limiti di un piccolo presidio montano, una sorta di eccellenza) venne chiuso nel 2013, nel 2019 – e dopo diverse campagne con raccolta firme – sindaci e Regione firmarono un accordo.

Il “Pacini” di San Marcello sarebbe diventato, in base al decreto Balduzzi, “ospedale di area disagiata”. Una mozione in tal senso venne approvata in Regione nel novembre 2019 e nell’anno successivo il “Pacini” in effetti venne classificato proprio come “ospedale di area disagiata”.

Meno di tre anni dopo, nel febbraio 2022, saltò però fuori che non era vero: all’ospedalino di San Marcello la Regione non applicò, a differenza di altri ospedalini simili, nessuno fra gli standard previsti dal decreto firmato dal prof. Renato Balduzzi (giurista, docente di diritto costituzionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, esperto di diritto sanitario e soprattutto ex ministro alla Salute nel governo Monti).

Pochi mesi dopo (ottobre 2022) con delibera regionale, ben 5 ospedali “in area disagiata” – appartenenti ad altra ASL rispetto alla nostra – vengono confermati tali e solo il “Pacini” di San Marcello Pistoiese resta fuori.

Da PIOT che era (acronimo giuridicamente inesistente e che da anni aveva collocato il “Pacini” in una situazione di singolare assurdità giuridica e operativa) viene declassato a “Presidio Ospedaliero Elettivo senza Pronto Soccorso”.

Logiche e giuste le richieste per capire in base a quali motivi si era arrivati a questa soluzione. Molte – e sempre guardate con sospetto da un potere in difficoltà – le richieste formali di accesso agli atti. Unica risposta il silenzio. S

Solo dopo l’intervento del Difensore Civico, al Comitato che chiedeva spiegazioni, le spiegazioni sono finalmente arrivate. Solo pochi giorni fa: e sono spiegazioni che – a detta di chi le ha chieste – non spiegano nulla.

In altre parole: nessuno, a oggi, secondo gli organizzatori della manifestazione, è in grado di sapere, dalla Regione Toscana, perché il “Pacini” non è considerato, come gli altri 5 ospedali similari, struttura ospedaliera “in area disagiata” secondo ciò che prevede il decreto Balduzzi.

UN MIX FRA IPOCRISIA E INDETERMINAZIONE – Questi gli antefatti, certo non brillanti almeno per chi crede che politica e istituzioni siano a servizio dei cittadini e debbano esserlo in base a criteri di verità e trasparenza.

Perché una fra le questioni davvero serie riguarda proprio serietà e trasparenza.

Su questi monti, la questione “Pacini” dura da decenni. E da decenni politica e istituzioni non hanno mai avuto il coraggio della trasparenza.

Ciò davanti a cittadini periferici che bene comprendono come un piccolo ospedale di montagna non possa certo avere le caratteristiche di un grande ospedale cittadino, ma che in parallelo temono di essere abbandonati solo perché abitano in una montagna peraltro utile, a tutti, per la preziosità dei beni comuni prodotti: acqua e aria in primis.

Un coraggio che, ad esempio, avrebbe potuto portare a una precisa assunzione di responsabilità politica nel comunicare, ai cittadini, un semplice concetto (“quell’ospedale noi vogliamo chiuderlo”) oppure nel difendere il concetto opposto (“vogliamo salvaguardarlo e, sia pure nei limiti di un piccolo ospedale in zona disagiata, vogliamo potenziarlo”).

Nulla di tutto questo in tutti questi anni. A prevalere è stato un misto fra ipocrisia e indeterminazione, un mix fra detto e non detto, un collage di promesse poi tradite.

Anche perché – questo il sospetto – i cittadini di queste zone sono numericamente così pochi e così anziani, che delle loro proteste, più o meno flebili, chi ha il potere e guarda al consenso immediato può benissimo fregarsene.

Magari non sarà così. Certo anche fra i politici che hanno trattato la vicenda, persone serie e oneste ci sono e ci sono state. Ma il continuo tira e molla, partendo dalla ridicolaggine di una sigla (PIOT) inesistente e arrivando al tradimento della promessa istituzionale, lascia spazio a ogni tipo di sospetto.

LA FIACCOLATA DEL 1 AGOSTO – Tornando alla fiaccolata di venerdì 1 agosto 2025 (“Una battaglia non per il passato ma per il futuro” … perché “senza un vero ospedale non c’è sicurezza” e perché “ogni cittadino ha diritto di sentirsi sicuro ovunque viva” dicevano gli slogan della manifestazione), c’è qualcosa da notare partendo dalla oggettiva buona volontà di chi l’ha organizzata e dalla giusta lode per averla organizzata. Chi scrive c’era. Qui alcune sue libere opinioni.

  • Buona la presenza numerica (molte centinaia di partecipanti, un migliaio secondo gli organizzatori) specie considerando i numeri ridotti di chi vive quassù 365 giorni l’anno.
  • Scadente l’impianto di amplificazione scelto (chi, nella folla, stava dietro non ha capito nulla di ciò che veniva detto dal palco e molti sono stati costretti ad abbandonare la piazza). Per le prossime iniziative, questo non lieve inconveniente sarà certo ovviato.
  • Lodevole la partecipazione dei due sindaci (ma va anche riconosciuto che se politica e istituzioni locali non si danno una sveglia e non pretendono, dall’alto, almeno quella chiarezza finora carente, sarà difficile convincere i cittadini anche solo sull’importanza di partecipare al voto).
  • Assente ogni tipo di considerazioni rispetto al più generale tema delle terre alte (è recentissimo, da parte del governo Meloni, il documento – Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne 2021-2027 – in cui si dà, purtroppo, per persa la battaglia per invertire l’attuale percorso di declino, invecchiamento, abbandono in una parte così importante del Paese).
  • Assente anche ogni tipo di considerazione su certe scelte del governo nazionale, che a ricaduta provocano scelte gravi anche nei governi regionali e locali, sui tagli al welfare e sulla sempre più avanzata privatizzazione della sanità e del sociale in spregio al dettato costituzionale e al Servizio Sanitario Nazionale secondo cui la salute è un diritto per ogni cittadino a prescindere da dove vive e dal peso delle sue carte di credito.
  • Necessario riflettere anche su un dato generale: se davanti alla scelta di aumentare gli stanziamenti in favore del riarmo (e dunque della guerra) una buona parte di politica e istituzioni non batte ciglio e quei miliardi di euro si trovano a scapito di altre scelte, perché non interrogarci – anche come cittadini – sul fatto che la stessa politica e le stesse istituzioni i soldi per il welfare e per la salute non riescono a trovarli?
  • Giusto l’invito a usare i due mesi di campagna elettorale per le Regionali in modo attivo: chiedendo ai candidati non parole vuote ma impegni veri (diciamolo pure: non sarà difficile, per candidati oggi molto abituati ai trucchetti della comunicazione mediatica, promettere parole allettanti e scenari mirabolanti).
  • Lodevole la scelta finale di chiedere un minuto di silenzio per ciò che di terribile sta accadendo a Gaza (ma certo anche in Ucraina e in tante altre parti del mondo con carneficine di varia natura).
  • Commovente, infine – almeno per chi ha i capelli bianchi e magari in quell’ospedale, tanti anni fa, ci è nato – l’urlo delle tante sirene che, in piazza, hanno aperto l’incontro: sirene dalle ambulanze (tanti i volontari presenti e molti in età non più … giovanissima) che ogni giorno prestano servizio. E accompagnano in pianura, sulla strada di due secoli e mezzo fa, persone che un tempo, per i bisogni sanitari più basici, sarebbero state curate e assistite al “Pacini”. Un ospedale che oggi c’è, ma purtroppo – a prescindere dalla buona volontà di chi lì opera al meglio offrendo umanità e professionalità – è sempre più solo sulla carta.
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