Non sarebbe male tornare ai fondamentali. Ricapitolando: in una istituzione pubblica il capo ufficio stampa dovrebbe essere un giornalista nei ruoli di quella istituzione; dovrebbe cioè essere un dipendente pubblico, un professionista che serve non il politico ma l’istituzione e, dunque, in grado di servirla a prescindere dal colore politico di chi, momentaneamente, la presiede e della sua maggioranza; dovrebbe, in altri termini, arrivarci con pubblico concorso e non in base a scelte di carattere fiduciario.
Queste, invece e sempre in base alla legge, sono alla base di altri tipi di nomine, dette appunto “fiduciarie”: il portavoce (che può anche non essere un giornalista), pagato per sostenere le esigenze comunicative personali e politiche del vertice di quella amministrazione.
Questa è la regola fissata dalla legge: una regola troppo spesso ignorata o aggirata da un ceto politico – lo dico in generale, perchè purtroppo così è – ossessivamente attento alla sua immagine e abbastanza meno attento al dovere delle istituzioni pubbliche di essere trasparenti cui corrisponde il diritto di ogni cittadino a essere informato (non strumentalizzato e manipolato) su come la sua delega viene in concreto esercitata.
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