“Qualunque sia il nostro presente, il futuro ci sorprenderà“. Sorride, l’ottimo e furbo Fabio Fazio, alla fine dello spottone in favore di TIM: un commovente, colto, lirico inno alle nuove tecnologie, bene costruito come bene costruite sono sempre queste ricche campagne pubblicitarie, che di sicuro consentità al giornalista Fazio, sempre politicamente molto corretto, di aumentare il proprio conto in banca (ammesso che a fronte dell’impegno non corrisponda una devoluzione in beneficienza del compenso).
Premetto subito che al posto dell’ottimo e furbo Fazio avrei fatto come lui (ma la premessa è puramente “di scuola” considerato l’inesistente mio livello di “fama”), va comunque ricordato che a ogni giornalista questo tipo di impegno – volgarmente: fare pubblicità – sarebbe, dalle norme deontologiche, vietato. “Il giornalista … non può prestare il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela professionale” essendo invece consentite, ma gratis, “analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque privi di carattere speculativo“. Il motivo di questa regola deontologica, inserita nel capitolo “incompatibilità”, è fin troppo chiaro.
Un giornalista può solo prestarsi – e in ogni caso a titolo gratuito – per forme di “pubblicità progresso”, ma questa, per TIM, non ha proprio la caratteristica del fine sociale, umanitario eccetera. Non credo che a Fazio, e a quei colleghi famosi ogni tanto attratti dalle lusinghe degli spot, interessino le, previste, sanzioni disciplinari dell’Ordine professionale; e neppure la consapevolezza, assai poco chic, su quanto lontane siano le condizioni di questi (pochi) colleghi iperfamosi e iperpagati dalle condizioni di tantissimi altri colleghi: ipersfruttati, non retribuiti, per nulla appetibili dalle aziende in cerca di testimonial famosi.
Sarà il futuro (di sicuro entusiasmante) a “sorprenderci”, ma per il momento, a noi e all’ottimo Fazio, non resta che fare i conti (di sicuro prosaici) con questo tipo di presente (compresa la furbizia, anche in TIM, di farci pagare il contratto per il telefonino non “ogni mese” ma ogni “28 giorni”).