Dare soldi (con mille euro, che per noi sono poca cosa, in quelle zone un sacerdote riesce a tenere aperta la sua chiesa per un anno) ma soprattutto informarsi su ciò che accade, far capire che siamo vicini alla loro tragedia, impegnarsi in gesti concreti di solidarietà: qualche nostra parrocchia, ad esempio, potrebbe “adottare” una parrocchia di quelle terre in modo da realizzare, facilitati anche dal web, scambi di conoscenza e scambi di amicizia per non far sentire del tutto abbandonate quelle comunità. Così a Pistoia mons. Cyril Vasil’ arcivescovo di Tolemaide e segretario, in Santa Sede, della Congregazione per le Chiese Orientali. E’ stato l’ospite d’onore in un interessante e affollato pomeriggio (“I cristiani in Medio Oriente oggi: l’eredità di San Basilio“) organizzato dalla Fraternità apostolica di Gerusalemme a Pistoia.
Rapido excursus storico (opera ardua: sintetizzare in pochi minuti due millenni di vicende a forte tasso di complessità. Eppure è anche con queste radici che si comprende il presente) per arrivare alla difficile situazione odierna dei cristiani, cattolici e ortodossi che siano, in questa vasta area di un globo dove troppo spesso, iniziando dai nostri confini nazionali, le dimensioni religiose sono ignorate. “Anello debole”, i cristiani in Medio Oriente: “classici vasi di terracotta tra vasi di ferro”. In contesti di guerra – ha notato l’arcivescovo – “soffrono insieme a tutte le altre persone ma come cristiani soffrono ancora più perchè bersaglio di violenze proprio in quanto cristiani”. Scenari di violenza che obbligano a un dilemma (“restare o fuggire?”) a noi occidentali certo presente ma che noi, ancora tutto sommato al sicuro, facciamo troppo presto a risolvere invitando loro, i cristiani in Medio Oriente, a “restare”. Sarà comunque necessario attrezzarci sempre più alle dimensioni dell’accoglienza di questi nostri fratelli e sorelle con una fortissima, e specifica, caratura spirituale: una dimensione che dovrà essere “rispettosa” delle identità, pena la perdita di queste ultime e pena, dunque, un sostanziale impoverimento.
Introdotto e chiuso da don Giordano Favillini, responsabile della Fraternità pistoiese, all’incontro ha preso parte anche il vescovo Fausto Tardelli (“La presenza dei cristiani in Medio Oriente sta subendo persecuzioni e travagli senza quella attenzione da parte nostra che dovrebbe pure esserci, anche perchè non possiamo dimenticare che la Chiesa e la cristianità nascono proprio in Oriente”). Interessanti gli interventi di due “antichisti”, entrambi con origini pistoieasi: Tommaso Braccini, autore di numerose pubblicazioni sul mondo bizantino e Nicola Gori, giornalista all’Osservatore Romano e autore di molti volumi fra cui l’ultimo, su San Basilio (“Nulla anteporre a Cristo”. Biografia di San Basilio Il Grande) che viene messo in vendita (6 euro) proprio anche per sostenere le attività solidaristiche pro cristiani in MO portate avanti dalla Fraternità apostolica di Gerusalemme. Due interventi che, oltretutto, sono stati di aiuto nel comprendere il particolarissimo rapporto, nell’Alto Medio Evo, fra Pistoia e una certa spiritualità monastica inviata per rievangelizzare zone, fra cui appunto Pistoia, scristianizzate dopo l’invasione longobarda. Diversi ancora oggi – ha invitato a notare Braccini – i nomi di chiese o di località pistoiesi che rinviano a santi delle tradizione orientale: San Giorgio e Sant’Andrea su tutti ma anche San … Mamonte (sconosciuto in quanto tale, ma non certo nella sua derivazione di Sammommè) e San Ciriaco (da cui prende il nome San Quirico). Per non parlare dell’attualità di San Basilio (padre della Chiesa e pastore della chiesa in Cappadocia, nato attorno al 330) nei confronti di poveri e deboli con, per esempio, la lotta all’usura e le continue denunce contro lo sfruttamento dei ricchi sui poveri.
Solo a una domanda – quella sulla sorte di padre Paolo Dall’Oglio a quasi tre anni dal rapimento – mons. Vasil’ non ha potuto rispondere, al di là della sottolineatura su come la vicenda sia continuamente seguita in sede vaticana e non solo. Vicenda emblematica, questa di padre Paolo, su cui in Italia abbiamo fatto presto a stendere un velo di sostanziale silenzio. Su cui sarebbe necessario – perchè no anche a Pistoia e dintorni? – tornare a puntare fari di conoscenza.