Ha risposto, Izzedin Elzir, proprio come mi aspettavo. Nella “sala rossa” del palazzo del vescovo di Prato (e chi conosce, anche poco, la storia di Vannino Chiti, già sindaco piccì di Pistoia ed esponente importante nella sinistra italiana, ha certo un po’ sorriso sull’antico colore un tempo presente nelle bandiere di partito e oggi, almeno a Prato, citato solo nell’anticamera del vescovo), in quella “sala rossa” c’è stata la presentazione dell’ultimo libro chitiano.
Ultimo in ordine di tempo, ma – spero – altri ne arriveranno anche sul lungo intreccio che Vannino tesse, con serietà, da lungo tempo sul rapporto credenti/laici e politica/religioni.
Presentati da Ilaria Bugetti e coordinati da Gianni Rossi, in tre hanno chiacchierato su “Le religioni e le sfide del futuro” (questo il titolo del libro sottotitolato “Per un’etica condivisa fondata sul dialogo”): l’imam Izzedin Elzir, il prof. Mario Fineschi, il vescovo Giovanni Nerbini con parole conclusive, ovvio, dello stesso Chiti. Hanno parlato, concordando come sempre accade in queste circostanze, di fratellanza e identità, di laicità e antisemitismo, di paure e violenze verso i “diversi” (che in certe parti del globo sono i cristiani), di pregiudizi e Creato, di islamofobia e disuguaglianze, di consumismo e analfabetismo culturale.
Sono sembrati preistorici gli anni, pure vicini, nei quali le religioni erano considerate, a sinistra, “oppio” perché si sosteneva che il “progresso” le avrebbe tolte di mezzo mentre oggi una sinistra sconfitta è anche nella dottrina sociale della Chiesa e nel magistero sociale dei pontefici, in particolare di quello regnante ma non solo, che può trovare un nuovo, antichissimo, alimento.
Pomeriggio interessante. Seguendo un doppio filo portato dai relatori della sponda ebraica (“Oggi si è perso il senso della trascendenza”) e di quella cattolica (“L’analfabetismo culturale influenza tutti noi, figli della cultura consumistica”), c’è stata una domanda dal pubblico. Che effetto fa, in particolare agli esponenti delle due religioni certo minoritarie in Italia, vedere le chiese cattoliche sempre più vuote, fare i conti con una scristianizzazione (almeno apparente) dai livelli fin troppo evidenti?
Come, in particolare, il mondo islamico fa i conti con l’indifferenza fra i cattolici verso la dimensione trascendente o, meglio, verso i dettami della Chiesa in un Paese “cattolico” per definizione? Come valutare quei numeri secondo cui anche solo la pratica religiosa domenicale, il semplice andare a Messa nel giorno “comandato”, sembra riguardare ormai una sempre più limitata minoranza in un contesto di indifferenza che è certo assai peggio di una dichiarata ostilità?
Elzir si è avvalso del concetto di “paura”: lo stesso concetto usato, verso i musulmani, da un politico italiano che iniziò il suo percorso adorando il “dio po” e oggi strumentalizza simboli cattolici come una clava. “Ho paura di tutte le cose vuote” – ci ha detto l’imam. “Il vuoto crea nichilismo. A me piace chi ha un pensiero. A farmi paura è chi non ha pensiero”.
Non mancano in questo libro di Chiti, pagine sull’indifferentismo religioso. Ma è questa, forse, una delle frontiere su cui proseguire, praticanti o meno, l’intelligenza della riflessione.
E’ accaduto, l’incontro pratese, a pochi giorni dalla prima “Domenica della Parola di Dio” istituita da papa Francesco con la lettera apostolica “Aperuit illis”. Due parole che rimandano a un versetto di Luca (“Aprì loro la mente per comprendere le Scritture”) sul “carattere performativo della Parola di Dio”.
Oggi le performance si cercano ovunque tranne, salvo qualche “folle”, nella dimensione verticale. Sarebbe davvero … alternativo seguire la provocazione di Francesco e iniziare a fare i conti, conoscendole meglio, con quella Parola.
Temo che questa prima occasione passerà pressoché dimenticata, ma la strada è da percorrere. Anche con modalità innovative, capaci di coinvolgere tutti. Potrebbe essere questo, chissà, un modo per reagire anche a tante altre parole (di ostilità, paura, odio) che oggi sembrano (ma chissà …) andare per la maggiore. Potrebbe essere un modo, efficace ed efficiente, per aiutare anche una, laicissima, apertura delle menti. Altro che “ religione oppio dei popoli” !