A proposito di banche. Bella serata a Vinci con Annalori Ambrosoli, vedova dell’avvocato Giorgio: il legale milanese ucciso nel 1979 da un sicario, incaricato da Michele Sindona, dopo aver svolto in modo competente e onesto l’incarico ricevuto cinque anni prima da Bankitalia di liquidare una banca (recuperando i miliardi sottratti ai risparmiatori e restituendoli ai proprietari legittimi) che lo stesso Sindona aveva portato al crac.
Del tutto evidenti i profili che rendono attuale una vicenda di perenne attualità e meritevole di essere ricordata sia a chi ne conserva cenni appannati dal tempo sia a chi mai ne ha mai sentito parlare.
Attuale il cinismo di chi traffica con banche e finanza carpendo la fiducia della povera gente, fregandola alla grande e poi – scoperto – tentando di ripianare il buco con i soldi di tutti; attuali gli intrecci di potere e affari tra pezzi della politica e delle massonerie, apparati di uno Stato e di una Chiesa (ah, lo IOR di Marcincus …) incapaci di tener fede alle ragioni delle rispettive motivazioni; attuale la necessità che fra tanti furbi, furbetti e furbacchioni ogni tanto emerga qualche servitore onesto (del mercato ma anche dello Stato. E della Chiesa).
In molti, nel teatro della Misericordia di Vinci dove si è tenuto l’incontro organizzato dalle parrocchie nell’ambito di “Vincincontra” (contenitore arrivato a quota 60 incontri), siamo rimasti colpiti dalla dolce testimonianza della signora Ambrosoli. E dal ricordo delle “infinite angosce” provate in quei 5 anni e nei decenni successivi.
In diversi ci eravamo preparati leggendo il libro del figlio Umberto (“Qualunque cosa succeda”) e riguardando le opere che cinema (“Un eroe borghese” con Michele Placido) e televisione (“Qualunque cosa succeda” con Francesco Favino) hanno dedicato alla storia. Una storia che si concluse con la condanna dell’esecutore materiale e del mandante.
Una storia che ha a che fare con il rispetto delle regole. E con il senso del denaro.
Sulla prima dimensione è bello un episodio, raccontato da Umberto, di quando il piccolo Giorgio, 10 anni, sfollato nel 1943 con i genitori sul Lago Maggiore, giocando a nascondino con i coetanei “non si diverte se non vengono rispettate tutte le regole che rendono la sfida di maggiore soddisfazione quando si vince, avendosene a male se uno dei compagni inganna sulla conta o si nasconde in luoghi vietati”.
E sul denaro, a un onesto servitore dello Stato, ucciso avendo contro una parte di quello Stato per cui lui stava lavorando, sarebbe davvero bastato poco per aver salva la vita. Gli sarebbe ad esempio bastato accettare il piano, preparato da Sindona, per scaricare i debiti della banca non su Sindona che li aveva fatti ma direttamente sulle casse dello Stato.
“Gli sarebbe bastato un sì talmente piccolo che nessuno se ne sarebbe accorto”, scrisse poi Gherardo Colombo. E così “sarebbe per lui iniziata una brillante carriera nel mondo bancario, invece – ricorda il figlio Umberto – lascia l’esempio di un uomo capace di affermare la propria libertà”.
Già: regole e denaro. Ieri e oggi.