Esiste anche una UNESCO della biosfera, non solo la più famosa UNESCO del patrimonio culturale. E così come esiste la (ultra famosa) “rete” per questo tipo di “patrimonio” (in Toscana la concentrazione è alta: dal centro storico di Firenze alle ville dei Medici, passando per Siena, Pienza eccetera), esiste pure, nel mondo, una (assai meno famosa, in verità) “rete” delle MAB. L’acronimo significa “Man And the Biosphere” e a oggi ne esistono, di queste riserve della biosfera, ben 651 in 120 Paesi. 13 sono in Italia e 3 in Toscana: si chiamano “Selva Pisana” (è attiva dal 2004 e adesso, con gli ultimi ingressi, è definita “Selve Costiere di Toscana”), “Arcipelago Toscano” (dal 2003) e, ultima arrivata nel 2015, “Appennino Tosco-Emiliano”.
Proprio quest’ultima – che si estende su 38 territori comunali in cinque province che fanno da crinale su montagne splendide e assai poco conosciute: Parma, Reggio Emilia, Modena, Lucca, Massa Carrara – giorni fa si è presentata alla Toscana con una iniziativa voluta dal Parco nazionale Appennino Tosco Emiliano. Che della MAB è un po’ il “babbo”.
“Un patrimonio della storia, un futuro da costruire” – questo il titolo dell’affollato incontro nel piccolo teatro comunale di Bagnone (Ms) – è stato iniziato e chiuso dalle due donne che, nelle rispettive regioni, sono state chiamate a occuparsi di parchi e di montagna: Federica Fratoni per la Toscana e Paola Gazzolo per l’Emilia.
C’è da dire che la Toscana, quando l’anno scorso questa terra vinse la sua battaglia per ottenere, a Parigi, il riconoscimento Unesco, stette defilata: a sud del crinale il 2015 fu anno elettorale, per cui i toscani si limitarono a stare alla finestra. Adesso – e per questo si è interessato assai il presidente del Parco, l’emiliano Fausto Giovanelli – c’è da recuperare il tempo perduto. La tavola rotonda di Bagnone è stata pensata proprio per questo. Interventi istituzionali (tantissimi i sindaci con fasce al petto) e illustrazioni tecniche sulle buone potenzialità della zona (qui vivono lupi e stambecchi, aquile reali e pipistrelli; qui si alternano faggi e lecceti, castagneti e tassi; qui si producono delizie con oltre 60 DOP e IGP). Per concludere con un panel fra dirigenti scolastici, imprenditori e sindaci tutto dedicato alle potenzialità del non piangersi addosso.
Tre gli obiettivi principali della riserva lungo l’Appennino tosco emiliano: conservare, sviluppare, aiutare. Ci si riferisce a territori di montagna: qui (ma la questione riguarda l’intera fascia appenninica di un Paese che assai più dovrebbe puntare su questo tipo di risorsa) la costante odierna è l’abbandono progressivo dell’uomo in un contesto di cambiamenti climatici e omologazione culturale; da qui si comprendono bene gli obiettivi per una saggia conservazione: tutelare la biodiversità, difendere e promuovere le produzioni agro-alimentari di qualità, tutelare le diversità socio-culturali, contrastare il dissesto idrogeologico, monitorare i mutamenti climatici.
Ma fra “conservazione” e “sviluppo” non deve esserci ostilità. Nella MAB del nostro Appennino ne sono convinti: da qui i progetti per conservare l’incanto di crinali e vallate, sostenere l’agricoltura di montagna, promuovere un turismo “sostenibile” e non di rapina, valorizzare storia e cultura. Il terzo obiettivo (definito “supporto logistico agli operatori locali”) ha a che fare con il rapporto ambiente, università, ricerca. Ma anche con il coinvolgimento delle scuole in termini di educazione ambientale.
I territori MAB, dunque anche questo, sono divisi in tre zone: l’area centrale (core), la zona cuscinetto (buffer), la zona di transizione (transition). Solo negli ultimi è consentita la massima attività per uno sviluppo economico e umano comunque compatibile sul piano ecologico. Dei 223 mila ettari di superfice complessiva, il 4,5% è area core, l’11,5% area buffer e l’84% area transition. 7 i Comuni che stanno nella provincia di Lucca e 8 in quella di Massa Carrara. Un solo comune (Frassinoro) sta nel modenese. Gli altri 9 e 13 abitano parmense e reggiano.
PS)- Per raggiungere, sul territorio di Licciana Nardi, un notevole agriturismo/albergo diffuso (“Montagna Verde“) che lo scorso anno, in Expo, fu l’unico selezionato in questo tipo di offerta turistica, può capitare di trovarti all’improvviso, dopo una curva, in coda dietro a un notevole gregge di pecore. Nulla di strano se ti guardano male: a essere strani, riconosciamolo, siamo più noi di loro, cani e giovane pastore compresi. E se da questo paradiso immerso nel verde vi capita di dover andare a Bagnone, fatela pure quella stradina, certo secondaria e tortuosa, certo difficile da manutenere, ma che sale e scende dentro qualcosa da tenere a mente.