Fra i simboli della Francia su cui hanno puntato i registi della cerimonia di apertura di queste Olimpiadi, un posto d’onore è toccato ai fratelli Montgolfier. Dunque alla mongolfiera. Lì, in alto, su una mongolfiera, è collocato il braciere olimpionico. Alimentato con una fiamma … elettrica.
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Ciò rimanda a un aspetto che nel mio paese di nascita tutti conoscono bene: è dal 1838 (data presunta, ma probabile) che ogni anno, l’8 settembre, per la festa della patrona Santa Celestina, viene lanciata una mongolfiera di carta sospinta in cielo da aria calda. Su disegno originario dei fratelli Montgolfier.
Fu nel 1835 che Elia, figlio di Joseph Montgolfier, venendo a San Marcello Pistoiese, donò alla famiglia Cini – allora importanti imprenditori del cartario oltre che politici e finanzieri – la formula e i disegni per costruire la mongolfiera. Tre anni prima erano stati Tommaso e Bartolomeo Cini a far visita ai Montgolfier, ad Annonay, paese dei Montgolfier, cementando così amicizia ed affari.
Con qualche interruzione bellica, da allora ogni 8 settembre, nel mio paese, attorno alle ore 17, si alza il volo una mongolfiera di carta: quello che viene chiamato, con un delizioso mescolio fra sacro e profano, “il pallone di Santa Celestina”.
Sempre costruito con le stesse regole e dimensioni (15 metri di altezza, 450 metri cubi di volume) della mongolfiera di quasi 200 anni prima a sua volta sorella del primo pallone aerostativo fatto salire dai Montgolfier, per la prima volta davanti al pubblico, nel 1783.
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L’ho già scritto tante volte: nel mio paese, col passare del tempo, abbiamo perso una occasione unica per certificare in modo formale una unicità a questo punto quasi bicentenaria. Il lancio delle mongolfiere e il volo in mongolfiera, altrove – anche in Italia, per non parlare della Francia. Annonay compresa – è interessante impresa, anche capace di attirare turisti.
Qui tutto si è sempre esaurito nel pur utile, ma alla lunga sterile, folclore di un solo lancio annuale. Ormai è tardi. Ma forse qualcosa, per dare il giusto risalto a una vicenda davvero unica, si potrebbe ancora fare. Chissà.
Oltretutto San Marcello Pistoiese ha, con il volo e con lo spazio, anche altre singolari vicinanze: uno fra i mitici trasvolatori (1933), Dino Arcangeli, era originario di qui. E pure uno fra i martiri di Kindu, Martano Marcacci, ucciso (1961) durante una missione di pace ONU, pure nato nel livornese era un sanmarcellino doc.
Per non parlare del Ponte Sospeso, a lungo nel Guiness dei primati come ponte tibetano più lungo. E per non parlare, oggi, dell’Osservatorio astronomico di Pian dei Termini, piccola eccellenza riconosciuta anche dai grandi.
Per non parlare, infine, della qualità dell’aria: su questi monti – verdissimi e con foreste d’eccezione – capaci di regalarci, verso lo Scaffaiolo, non solo il record europeo nella velocità del vento, ma anche un ambiente dove si respira … roba buona.
La neonata proloco paesana, con tanta gente capace di metterci tanta passione, insieme a chi oggi, con altrettanta passione, continua a costruire la mongolfiera, potrebbe lavorarci. Chissà.
