C’è forse differenza fra il grande Adriano Panzironi e Beppe Grillo, fra Vanna Marchi e Matteo Salvini? E potrei proseguire, ma non lo faccio per non turbare troppo i tanti miei amici ancora preda di un altro fascinoso Matteo, quello di Rignano.
Di sicuro la domanda potrebbe essere allargata a un altro grande protagonista del populismo politico: il grande, per molti aspetti insuperabile e insuperato, uomo di Arcore, pure lui convinto, magari dal Panzironi stesso, di poter durare fino a 120 anni continuando imperterrito a convincere ondate di bisognosi.
In una Roma governata, si fa per dire, dal frutto chiaramente avariato di un grillismo capace di mandare a quel paese ma incapace di esprimere una classe di governo adatta a problemi complessi, quel buffo personaggio che in Toscana affitta Canale10, e in tutta Italia, chissà quanti altri canali tv per convincere gente semplice offrendo, a pagamento, intrugli in perfetto stile vannamarchesco, ieri il mitico Panzironi (mai cognome fu più emblematico) ha radunato migliaia di adoranti adepti.
Lui, il Panzironi, vende intrugli. Ordine Giornalisti e agcom lo hanno condanbato. Il suo “metodo” non è scientifico. Lui guadagna su paure vere e bisogni reali. Da uno come lui una persona normale si rifiuterebbe di comprare la mitica “auto usata”.
Eppure migliaia e migliaia di individui in lui hanno fiducia. Comprano i suoi intrugli, leggono il suo libro. Si fanno convincere. Lo rendono ricco. Fino a quando non capiterà – forse – che qualcuno, il Panzironi, lo arresterà, lo processerà, lo condannerà e lui, dopo qualche annetto, tornerà a vendere intrugli. Funziona così, fin dai tempi degli imbonitori nelle fiere di paese.
Guardando il grande Panzironi e tentando di tenermi informato sui suoi colleghi politici di imbonimento mediatico (il mi’ babbo carabiniere li definiva “trappoloni”), mi è tornata in mente una notevole intervista a Nando Pagnoncelli. Uscita su “Avvenire” il 30 maggio scorso come commento al voto “dei cattolici” nelle ultime Europee. “Il problema vero – dice Pagnoncelli, esperto di flussi elettorali, riferendosi al grande successo di Matteo Salvini – non è che il cittadino non chieda spiegazioni, ma che sia in grado di capirle”.
Alt. So bene che su questo terreno i ragionamenti si fanno difficili da sostenere. Arriva subito quello che, sdegnato, ti interrompe sostenendo che su questa strada “si offende l’intelligenza degli elettori”. Corro il rischio di passare per presuntuoso e proseguo. “Purtroppo – dice Nando – siamo di fronte a un crollo delle conoscenze diffuse nella popolazione. Anche sui temi di cui si parla spesso”.
In questi giorni tutti abbiamo, ad esempio, discettato, in un senso o nell’altro, di “diritto della navigazione” come se tutti lo conoscessimo bene. Tutti abbiamo dato ricette su dove far sbarcare i 42 povericristi come se davvero avessimo studiato tematiche complesse e difficili.
E alla domanda dell’ottimo intervistatore (“Ma per votare ci vuole la laurea?”) Pagnoncelli è netto e politicamente scorretto (“Ci vuole una comprensione vera dei problemi che sta diventando inaccessibile ai più”). E adesso, amici odiatori alla Salvini o alla Beppe Grillo del vaffa, scatenatevi pure. Ma prima ascoltate la risposta di Pagnoncelli all’altra obiezione dell’intervistatore (“Non mi dica che il contadino bergamasco sapeva interpretare le convergenze parallele di Aldo Moro …”).
Quel “divario” fra la politica “discussa” e la sua “comprensione” – risponde Nando – c’è sempre stato, ma “prima vi erano sistemi culturali e di valori cui ciascuno faceva riferimento per interpretare proposte politiche. Adesso non esistono più”. Adesso c’è solo Internet con la sua “presunzione della democrazia della conoscenza”. Adesso, in un Paese “caratterizzato da bassa scolarità” ci sono “sacche di ignoranza” e “ipertropia dell’informazione accessibile a tutti che aumentano la confusione”. Adesso “l’uso massivo del web rende incapaci di distinguere notizie vere da notizie false”. Adesso “sembra di poter disporre di una informazione su misura in realtà si perde la capacità di contestualizzare le notizie e gerarchizzarle”.
Rileggetela la bella intervista a Pagnoncelli. E guardatelo, in tv, il grande Panzironi Adriano, quello che vende intrugli convincendo, con le chiacchiere e le tv, così tanta gente.
Fra lui e Vanna Marchi, cercando qualche mago brasiliano non ancora fuggito, potrebbero benissimo far nascere, in questa Italia che i populisti li brucia in pochi anni, un movimento politico. Pronto a sostituire il “vaffa” di un Grillo ormai scoppiato, il “prima gli italiani” dell’ex comunista padano quando pure lui scoppierà, il “cribbio” di Silvio. E – dimenticavo. Ma, amici miei che in Renzi ancora avere fiducia, perdonate il mio ardire – la parlantina dello statista di Rignano.
Panzironi presidente del Consiglio, Vanna al Quirinale, Bannon in Vaticano? Forse c’è un modo per contrastare derive di questo tipo: puntare sulla conoscenza, rinfrescare e attualizzare la lezione di don Lorenzo Milani, aiutare i cittadini a essere davvero tali. Non sudditi. Non creduloni. Non adoratori del Panzironi di turno.