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Home»Giornalismo»LIBERTÀ DI INFORMAZIONE (ANCHE LOCALE), QUERELE TEMERARIE E RISCHI PER LA DEMOCRAZIA.
Giornalismo

LIBERTÀ DI INFORMAZIONE (ANCHE LOCALE), QUERELE TEMERARIE E RISCHI PER LA DEMOCRAZIA.

Mauro BanchiniBy Mauro Banchini25 Luglio 2024Updated:25 Luglio 2024Nessun commento5 Mins Read
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Momento difficile in Italia per la libertà di stampa. Ma localmente, nella assai difficile cronaca locale, come siamo messi? Quali i problemi di chi fa giornalismo in provincia?

Sulla libera informazione nel nostro Paese, l’Europa diffonde un rapporto assai critico. E addirittura il presidente della Repubblica è costretto a intervenire, sullo stesso tema, con una sorta di indiretta (ma chiara) tirata d’orecchie alla seconda carica dello Stato, reo di avere, nella sostanza, minimizzato una aggressione fascista a un giornalista che stava facendo il suo lavoro.

Se questo accade in ambito nazionale, cosa mai potrà accadere in quella delicata frontiera dell’informazione locale? Come i giornalisti locali possono difendersi da minacce, più o meno velate, alla loro libertà? Come possono reagire a pressioni, a volte politiche a volte di altra natura, essendo largamente sottopagati e non avendo, molto spesso, neppure lo scudo del contratto di lavoro giornalistico?

Ne conosco diversi, anche localmente. Molti davvero bravi, sensibili, disponibili a fare in modo onesto il loro lavoro (che localmente, nelle corrispondenze dai piccoli centri dove tutti si conoscono, è assai più difficile che altrove). 

Una informazione (quella locale in testate strutturate: carta stampata, radio e TV, agenzie) oggi resa ancora più difficile dalla, da tempo avvenuta, irruzione dei social media: spazi, in genere non giornalisticamente registrati, che anticipano in tempo reale ciò che altri media, strutturati, possono fare solo il giorno dopo magari uscendo, a quel punto, con una notizia già vecchia e superata.

Ecco che, in queste condizioni, a essere teoricamente fondamentale per la stampa più strutturata sarebbe lo scavo, l’approfondimento, lo spazio dato a punti di vista diversi.

E’ anche lì che si esercitano le pressioni: a non scrivere su determinati fatti o, al massimo, a scrivere solo le verità ufficiali, cioè quelle dei comunicati stampa.

Conosco, e sono perfino amico, un ottimo collega che per voler – certo a modo suo, in modo non molto … diplomatico – fare del giornalismo locale critico ha subito, a Pistoia, un sacco di giorni di arresti domiciliari. Lui, nonostante tutto, continua a scrivere. Anzi: ci si diverte, a rompere le scatole.

Talvolta la schiena del povero cronista locale e del redattore si fa dritta e dunque loro rischiano: danno una informazione che il potere (politico ma non solo) vorrebbe tenere nascosta. Tal altra la schiena si piega. Per la serie: chi ne lo fa fare … tengo famiglia … non ho tempo … per quello che mi pagano … non c’è spazio…

Chi scrive deve la sua pensione (con tanto di contratto giornalistico) proprio ai comunicati stampa. Dunque mai ne parlerà male, anche perché – se onesti e professionali – sono fonte unica, preziosa, capace di offrire spunti per la ricerca di una verità sempre più difficile rispetto alle facili propagande.

Nè certo, dall’alto delle mie incoerenze, ho la pretesa di dare lezioni a colleghe e colleghi ancora in attività che di lezioni potrebbero benissimo essere loro a darle a me.

Ma i comunicati sono, appunto, un semplice spunto: andrebbero accompagnati da un lavoro, ulteriore, di scavo, che purtroppo nelle condizioni attuali le cronache locali hanno sempre maggiori difficoltà a fare: i redattori combattono con pagine sempre più ridotte e con pubblicità sempre più aggressive mentre i corrispondenti locali guadagnano, quando va bene e senza prospettive di assunzione in pianta stabile, pochi spiccioli a pezzo. E dunque … “chi glielo fa fare“?

A subirne le conseguenze non è solo la professione (ormai, purtroppo, ridotta al lumicino al di là di quei pochi colleghi, iper-pagati e sempre in tv a pontificare su tutto oppure al di là di quei tanti, più o meno sconosciuti, che il loro dovere, anche nelle province, lo fanno ogni giorno spesso rischiando grosso. Talvolta perfino sotto scorta).

A subirne le conseguenze sono soprattutto i cittadini: a loro è ostacolato, impedito, fin dalle cronache sui fatti locali, uno fra i diritti fondamentali per essere cittadini sul serio, cioè il diritto alla informazione qualificata e pluralista.

Ecco perchè il dossier dell’UE e le parole di Sergio Mattarella dovrebbero bucare la nostra attenzione di cittadini. Nonostante l’afa estiva. Nonostante i “panem et circenses” tipici un po’ ovunque in questo periodo dell’anno.

Forse, per chi ha a cuore la mediazione giornalistica di qualità (che è OSSIGENO per la democrazia), sarebbe arrivato il momento di tentare altre strade, magari favorite da leggi nazionali e/o regionali: cooperative di giornalisti, testate giornalistiche svincolate da proprietà troppo condizionanti, azionariato popolari, proprietà diffuse, sinergie fra associazioni di cittadinanza attiva e giornalisti …

Tutta roba, certo, difficile. Specie nell’era di una Intelligenza Artificiale destinata anche a inquinare e non solo ad aiutare. Ma se vogliamo difendere ciò che per tradizione continuiamo a chiamare “libertà di stampa”, allora forse qualcosa bisognerà pure inventarci.

PS)- Per non parlare delle cosiddette “querele temerarie“. A volte fatte e a volte solo minacciate, sono lo strumento preferito da molti potenti per mettere un bavaglio preventivo a chi fa informazione. Per impaurire. Per intimidire. Per non far scrivere certe notizie.

Le vediamo praticate,  quelle querele, non solo nei livelli famosi (le famose testate del grande giornalismo d’inchiesta) dove peraltro il giornalista è comunque protetto da importanti uffici legali, con avvocati specializzati oltre che costosi.

Ma talvolta le vediamo, e perfino le verifichiamo da vicino, anche nei livelli locali. Dove chi fa informazione non ha uffici legali che lo proteggono. E, nel caso di una querela, deve pagarsi le spese. Di tasca sua.

E allora cosa fa? Evita di scrivere o scrive solo ciò che al querelante temerario fa più comodo tradendo così la sua missione di giornalista. Che è quella di raccontare fatti che qualcuno preferirebbe fossero tenuti chiusi in un cassetto.

Per fortuna capita anche (ed è quello che continua a rendere bella questa professione) che ci sia chi, ricevuta una querela temeraria o la semplice minaccia di una querela temeraria, non mostra paura. Va avanti lo stesso. E scrive. 

Allora a far davvero paura a qualche potente o presunto tale, è proprio la schiena dritta. Quella schiena dritta.

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Mauro Banchini
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