Parla chiaro, Papa Francesco, anche sul “serpente astuto”. Non è certo una novità: buona parte del suo successo (ma pure delle reazioni negative che lui suscita) dipende proprio da questo parlar chiaro, senza fronzoli. E buona parte delle difficoltà che, nei suoi vari livelli, la Chiesa dimostra nello “stare dietro” (o “accanto”) a un pastore come questo, credo dipenda proprio dalla non curialità nel suo linguaggio: se il primo a non essere “curiale” è il Papa, come fa il resto della comunità ecclesiale a restare “curiale”, nei modi di parlare ma soprattutto nei modi di essere? Già, come fa?
Che parli chiaro, Francesco lo dimostra anche in questo suo ultimo messaggio. Uscito oggi, nel giorno che la Chiesa dedica a un altro Francesco: quello noto come “di Sales”. Patrono, protettore, amico di una categoria di lavoratori che curiali non dovrebbero, per definizione, proprio essere: i giornalisti. Parla chiaro, nel messaggio in vista di una fra le (comunque troppe) “Giornate mondiali” meno conosciute (quella sulle “Comunicazioni Sociali”. In una domenica di maggio (quest’anno il 13) sempre dedicata alla Ascensione e dunque di norma “silenziata” proprio sul tema (le Comunicazioni Sociali, appunto) che il Concilio le affidò, in ambito ecclesiale ma anche civile, nei lontani anni Sessanta del secolo scorso.
Parla chiaro, Francesco, e sta davvero “sulla notizia” perché il titolo (“La verità vi farà liberi. Fake news e giornalismo di pace”) identifica bene un argomento (le “bufale”) centralissimo in tutto il mondo e certo utilizzato, oggi in Italia, anche per manipolare e condizionare in negativo quel momento fondamentale in una democrazia che sono le elezioni politiche generali.
Consiglio di leggerlo con attenzione. E mi permetto di aggiungere che Francesco parla non solo ai giornalisti, e non solo a quelli credenti in Cristo Gesù, ma a ogni cittadino: a quell’essere umano capace di “raccontare la propria esperienza e di costruire la memoria degli eventi” ma pure capacissimo di “fare un uso distorto anche della facoltà di comunicare”.
E’ un messaggio bello, positivo, comunque aperto alla speranza.
Trattando i “meccanismi della disinformazione”, introduce una categoria singolare per la mentalità contemporanea: ma di grande efficacia (“la logica del serpente capace ovunque di camuffarsi e di mordere”). La prende, come ovvio, dal grande racconto della Genesi: è lì, grazie alla strategia di questo “abile padre della menzogna”, che sta la prima “fake news” della storia.
E attraverso il racconto del peccato originale (attenti, amici laici, a darne una lettura solo “religiosa” per non dire solo “clericale”. Attenti! Qui, in quella storia eterna che pare raccontata per bambini, c’è davvero molta ma molta adulta laicità. Utile anche per un oggi così post … laico), attraverso questo racconto Francesco invita a quella azione rivoluzionaria, civile, (la “de-costruzione”) fondamentale per combattere gli “imbrogli” anche delle moderne fake news.
E per noi giornalisti, tutto da gustare l’ultimo capitolo, il quarto: preghiera francescana finale compresa. Con l’invito a ricordare come al centro della notizia non ci sia la “velocità nel darla” o “l’impatto sull’audience” ma semplicemente la persona (“Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone”). Con l’invito a promuovere quel “giornalismo di pace” che è tutto tranne “buonismo” o “sdolcinatezza”. Con la preghiera, che può diventare impegno quotidiano, a sostituire “l’ascolto” al “rumore” in cui siamo tutti, così spesso, immersi.
Grazie Francesco. Grazie perché ci parli in questo modo. Anche del “serpente astuto”.