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Home»Comune»UN 25 APRILE TALMENTE “SOBRIO” DA RISULTARE AMBIGUO
Comune

UN 25 APRILE TALMENTE “SOBRIO” DA RISULTARE AMBIGUO

Mauro BanchiniBy Mauro Banchini23 Aprile 2025Updated:23 Aprile 2025Nessun commento6 Mins Read
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Qui si parla, in giorni purtroppo così particolari, di un unico argomento: il modo scelto, qui al Poggio, dal Comune, per ricordare l’ottantesimo dalla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Un modo particolare. Al limite dell’ambiguità. (mb)

QUEL 25 APRILE DI 80 ANNI FA – In un 25 aprile così importante (è l’ottantesimo) colpisce la scelta del Comune di Poggio a Caiano per fare memoria della Liberazione dal nazifascismo.

Riti ufficiali a parte (corone d’alloro, squilli di tromba) in molte realtà, e certo non solo “di sinistra”, sono proprio anche i Comuni che cercano di far riflettere.

Al centro di tutto il particolare rapporto che lega l’oggi a ciò che accadeva in un ieri ormai lontano: la lotta di Resistenza, le tante Resistenze (non solo quella armata), gli Alleati, la Liberazione, l’atomica, la fine della guerra, le prime elezioni libere, il voto alle donne, la scelta Monarchia/Repubblica, la Costituente, la Costituzione.

Un triennio di memorie oggi caratterizzato da un fatto: il venir meno di testimoni diretti su quelle vicende. Nel prossimo decennale, nel 2035, come saranno ricordati questi fatti?

UNA MOSTRA DI ACQUERELLI – Ma torniamo al Poggio. Colpisce il modo scelto in questo 80mo per fare memoria: una mostra (nelle ex scuderie, aperta fino al 4 maggio, in collaborazione con il Museo di Montemurlo sulla Linea Gotica ) di acquerelli realizzati da un soldato sudafricano con la passione per la pittura.

Aveva 35/36 anni, quel soldato, James Donald Orr, quando dall’ottobre 1944 all’aprile 1945 si stabilì a Prato “inquadrato nei reparti FTDS (Forward Tank Delivery Squadron)”.

Era un gruppo di soldati, sudafricani, in quel momento non impegnato nei combattimenti ma operativo nella logistica: in pratica soldati che scortavano i carri armati e li consegnavano, a ridosso del fronte, a chi invece combatteva.

Il soldato James, con la sua squadra, aveva risalito l’Italia dalla tarda primavera 1944 arrivando a Firenze e poi a Prato. E qui si stabilì fin quasi a fine guerra.

Aveva molto tempo per la sua passione: la pittura. E ci ha lasciato dipinti con scene di vita quotidiana. Uno, ad esempio, su una sosta di carri armati davanti ad alberi di ciliegio con soldati impegnati a gustarne i frutti.

“Dalle trincee ai cavalletti“, si intitola la mostra poggese, già vista anni fa nel pratese e da cui è già stato pubblicato un volume (“Il soldato che dipingeva la pace”). Tutta roba già vista.

LO SGUARDO TORVO DEL PARTIGIANO – Visitandola si rimane colpiti dal rapporto che quel soldato aveva raggiunto, nei mesi di retrovia, con alcune famiglie pratesi. Non si contano, sotto gli acquerelli, commenti entusiasti dello stesso James su pranzi e cene, bevute e balli, amicizie e gite, baldorie e musiche, amori e canti.

Quasi come se la guerra, che in contemporanea si stava svolgendo poco più a nord, con drammi e violenze di ogni genere, fosse lontana.

C’è un solo cenno ai partigiani. Un acquerello del 4 maggio (si immagina 1944) che ritrae un partigiano con un commento particolare (“Abbiamo visto partigiani con lo sguardo torvo con i colori italiani e spesso anche con fazzoletti rossi, tutti armati con fucili o pistole mitragliatrici Alleate”).

MANCA QUALCOSA – Un modo diverso, dunque, quello scelto dal Comune di Poggio per ricordare l’80 della Liberazione.

Un modo anche utile e stimolante che forse avrebbe potuto, se accompagnato da qualche approfondimento, aiutare a capire le contraddizioni di quella guerra: di ogni guerra. Comprese quelle contemporanee.

Sarebbe ad esempio stato utile (accanto alle scene di ordinaria, logica e giusta voglia di vivere: compresi i banchetti, le bevute …) affiancare alla pur lodevole mostra una riflessione, meglio se affidata a qualche storico.

Manca una seria riflessione sul passaggio della guerra nell’Italia di quel periodo: divisa fra ritorno alla libertà garantito dalla sinergia alleati/partigiani e fine del regime (con l’oscena sinergia repubblichini/nazisti) che quella libertà, per un ventennio, aveva impedito.

C’era, anche allora, chi stava dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. Ma dalla mostra non si capisce. E’ tutto molto lontano. Molto sfumato. Molto evanescente.

LE COLPE DI CHI VOLLE LA GUERRA – Perché mentre il soldato James trovava il tempo per “ricchi banchetti” lì vicino, prima sui monti e poi nelle pianure si combatteva duro con l’obiettivo di sconfiggere fascisti repubblichini alleati con nazisti criminali di guerra.

Quando James era appena arrivato a Prato, poche decine di km in linea d’aria più a nord, a Monte Sole di Marzabotto si stavano concludendo i giorni della strage voluta dal generale Albert Kesserling. E don Giovanni Fornasini, parroco di Sperticano, veniva fucilato davanti al cimitero in San Martino di Caprara al grido di “pastore kaput”.

Ecco: insieme ai bei dipinti del soldato James sull’importanza della pace e della normalità, male non sarebbe stata, specie per i più giovani, una pubblica riflessione sulle colpe di chi volle quella guerra trascinando l’Italia, e non solo, nella rovina. Tutto qui.

UN 25 APRILE … SOBRIO – Questo 25 aprile si è purtroppo trovato in una temperie imprevista: la morte di un pontefice che fin dal nome scelto ha saputo dare testimonianze continue sul valore della pace basata sulla giustizia.

Il governo Meloni, formato anche da politici che papa Francesco mai lo hanno del tutto digerito, ha deciso ben 5 giorni di lutto nazionale: per uno di questi, appunto venerdì 25 aprile, lo stesso governo ha invitato chi festeggerà l’80mo a farlo (sic) “in modo sobrio“.

Ecco: diciamo che al Poggio i nostri amministratori di una destra molto trumpiana già ci avevano pensato, per conto loro, a scegliere, per la festa del 25 aprile, una modalità “sobria“. Talmente “sobria” da rischiare di risultare evanescente.

“L’odio nazista verso i preti di qualunque nazionalità era profondo e implacabile. I numerosi sacerdoti polacchi avevano per molto tempo lavorato alla cava e ben pochi ne erano usciti vivi. Ci riferirono che il giorno di Venerdì santo 1944, il comandante SS del campo, dopo aver gozzovigliato coi suoi sgherri, aveva trucidato a freddo un prete polacco: “Sono le 15 e oggi è venerdì santo, il giorno che voi dite che è morto il vostro Cristo. Vallo a raggiungere …”. Trasse la rivoltella e gli sparò, sghignazzando”. (Roberto Angeli, prete cattolico livornese nel campo di eliminazione di Mauthausen. Da “Vangelo nei lager. Un prete nella Resistenza” a cura di Riccardo Bigi ed Enrica Talà. Edizioni di storia e letteratura, 2024).

“E allora tornerà …Tornerà ogni volta che invocherete l’uomo forte che non siete né mai sarete, il Capo capace di guidarvi standovi dietro, a soffiare sul vostro scontento … Tornerà e ripeterà sempre la medesima nenia: io sono il popolo, il popolo sono io e al diavolo tutto il resto. Il male non esiste, esistono solo uomini malvagi con il loro maleficio; la realtà non è complessa, è semplice, è bambina la realtà, tutti i problemi si riducono a uno soltanto, quel problema a un nemico, il nemico a uno straniero, lo straniero a un invasore. E il nemico straniero invasore si può uccidere, si deve uccidere, un colpo alla testa e uno al cuore”. (Antonio Scurati, “M. La fine e il principio” Bompiani, 2025)

POGGIO (A CAIANO) E BUCA, 23 aprile 2025 di Mauro Banchini n. 100

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