In Sardegna la magistratura ha contestato irregolarità elettorali alla presidente Todde che potrebbero farla decadere. Lei si difenderà ma la vicenda evidenzia, nella forma e nella sostanza, la superficialità di chi, candidandosi, avrebbe dovuto conoscere le regole da rispettare. Ciò consente di tornare su una vicenda poggese, mai chiarita. Anch’essa riguarda forma e sostanza di una elezione: quella del maggio 2023 nel Comune di via Cancellieri. Con un misterioso “errore di trascrizione” nelle preferenze. Mai dimostrato e mai chiarito, ma “risolto” in un certo modo. (mb)

MAGGIO 2023: LE ELEZIONI – 14 e 15 maggio 2023. Elezioni comunali al Poggio. Nella maggioranza di centrodestra la seconda consigliera più votata fu Patrizia Cataldi (190 preferenze). Gli ultimi due consiglieri eletti in quel gruppo (Piero Baroncelli e Alessandro Mancini) avevano ottenuto, ciascuno, lo stesso numero (65) di preferenze. La prima dei non eletti, Chiara Guazzini, ne prese 61.
Fu proprio Cataldi, nella seconda seduta del Consiglio: il 21 giugno 2023, a diventare protagonista del “caso”. La prima seduta (l’insediamento) si era svolta, all’apparenza senza problemi, il 26 maggio. Tutto tranquillo: il neosindaco Palandri giurò fedeltà a Costituzione e leggi, gli eletti vennero convalidati senza contestazione e Palandri comunicò gli assessori, fra cui – interni – Cataldi e Baroncelli.
Poggio sta sotto i 15 mila abitanti. Quindi a un consigliere comunale è consentito essere anche assessore.
Può comunque risultare normale, per eventuali equilibri interni, che un consigliere, poi nominato assessore, si dimetta da consigliere in modo da far posto a chi, non eletto in prima battuta, potrebbe risultare utile.
Di norma, quando c’è questa necessità, chi si dimette lo fa adducendo solo “motivazioni personali”.

GIUGNO 2023: IL CASO – Torniamo al 21 giugno 2023. In apertura del Consiglio, davanti a tutti, ci fu una sorpresa. Qui lo streaming (dal minuto 1:21:21 al minuto 1:25:07). Il sindaco annunciò che Chiara Guazzini, prima dei non eletti, da quel giorno poteva sedere in aula come consigliera.
Ciò dipendeva dal fatto che Patrizia Cataldi, nominata il 26 maggio assessore alla scuola, il successivo 5 giugno aveva presentato le sue dimissioni da consigliera. Lasciando libero il posto.
A quel punto prese la parola proprio Cataldi. Leggendo un testo scritto scelse di motivare le sue dimissioni. Riferì che lo aveva fatto a causa di su un non meglio precisato “errore di trascrizione nelle preferenze ottenute da Chiara Guazzini in sede di scrutinio elettorale”.
A causa di tale “errore di trascrizione – aggiunse – la stessa è stata esclusa dalla nomina a consigliere comunale” perché “al netto sarebbe stata invece eletta a rappresentare questo Consiglio Comunale”.
Cataldi aggiunse che si era dimessa per evitare un ricorso al TAR, da parte della Guazzini. Ricorso che – sostenne – avrebbe avuto “tempi troppo lunghi“.

“ERRORE DI TRASCRIZIONE” – Parole singolari. In ogni altro Comune avrebbero provocato reazioni, ma qui vennero minimizzate. La questione aveva una sua gravità, ma a nessuno sembrò interessare. Neppure ai media.
Erano già passati 37 giorni dalle elezioni. Nella seduta di convalida (quella giusta per far emergere eventuali problemi) nessuno aveva parlato di “errore“.
Senza quel particolare “errore di trascrizione” (mai spiegato) e dunque se i voti per Guazzini fossero stati superiori ai 61 ufficialmente registrati e maggiori dei 65 assegnati a ciascuno degli ultimi due eletti, la situazione sarebbe stata diversa.
Fra gli 8 consiglieri di maggioranza avrebbe dovuto esserci, fin dall’inizio, non un altro ma proprio lei: Chiara Guazzini. E qui la questione non è solo formale, ma decisamente sostanziale. Riguarda il rispetto del voto. E dei cittadini.

IL MISTERO: QUALE “ERRORE”? – Nessuno, ecco il punto, ha però mai né spiegato né dimostrato la reale esistenza di quel misterioso “errore di trascrizione nelle preferenze ottenute da Chiara Guazzini in sede di scrutinio elettorale”.
E il caso ha fin da subito assunto contorni paradossali, da teatro dell’assurdo: si sostiene che sarebbe esistito un “errore” ma non si dimostra quale.
Dove è avvenuto il misterioso “errore”? Di che “errore” si tratta? Come è dimostrabile? Quante preferenze, invece delle 61 fino a quel punto ufficialmente registrate, Chiara Guazzini avrebbe in realtà preso? Davvero 10 in più (dunque 71), come riportato da una testata giornalistica (vedi sotto)?
Chi avrebbe commesso, certo in buona fede, tale “errore”? Perché di questo “errore” nessuno parlò nella seduta di convalida nonostante che di tale “errore” si ragionasse apertamente?
Nessuna risposta è mai arrivata. Un silenzio tombale è sceso su una vicenda in effetti imbarazzante.
Vicenda oltretutto inspiegabile perché sindaco e consiglieri non avevano certo responsabilità rispetto a quanto accaduto nei seggi durante lo scrutinio. E allora perché incasinarsi da soli?
In presenza di un – se davvero esistente – “errore di trascrizione” (cose che in un seggio possono capitare) la strada maestra, seguita da un qualunque amministratore pubblico con un minimo di esperienza, avrebbe dovuto essere, per risolvere il problema, solo quella di una immediata trasparenza.
Invece si volle seguire una strada diversa, contorta, ottenendo solo il risultato di incartarsi e di attenuare la necessaria trasparenza su una questione così delicata e attinente il rispetto del voto.

E PERCHE’ NON AL TAR? – A non convincere sull’iter scelto è anche un altro aspetto. Il 16 maggio, il giorno dopo del voto, “Notizie di Prato” pubblicò una sorta di scoop informando tutti sull’esistenza di un qualche problema.
Se già il 16 maggio 2023 circolava la notizia di un possibile problema nell’attribuzione delle preferenze, proprio non si comprende il comportamento tenuto da un neosindaco evidentemente inesperto.
Premesso che i casi erano solo due (o tale “errore” c’era oppure no), non si capisce cosa abbia fatto il sindaco per accertare la veridicità di quella notizia divenuta di dominio pubblico.
Non si capisce perché, in caso di “errore” accertato non si sia provveduto a fare qualcosa: esempio a segnalare la cosa in Prefettura per verificare come risolverla.
Non si capisce perché, se l’errore c’era sul serio, il sindaco, se a conoscenza di tale “errore“, dieci giorni dopo, il 26 maggio, portò tranquillamente in Consiglio la convalida degli eletti come se tale “errore” non ci fosse.
Non si capisce se Guazzini davvero chiese, in modo formale, il “riconteggio delle preferenze” oppure no.
E, se davvero lo chiese, non si capisce se tale “riconteggio” fu effettuato e con quale esito. Nè si capisce, se Guazzini poi non lo chiese, perché ci rinunciò.
Né si comprende perché Guazzini (rimasta fuori per “un errore di trascrizione” a suo danno) abbia accettato, senza protestare pubblicamente, di vedere svolta una seduta che avrebbe “convalidato” un risultato viziato da un “errore“.
Nè si capisce perché, se davvero convinta di tale “errore“, Guazzini non abbia fatto ciò che di norma, in questi casi, si fa: ricorrere al TAR.
In poche settimane, se un ricorso al TAR fosse stato presentato e se tale “errore” davvero c’era, la questione sarebbe stata chiarita. Il misterioso “errore” sarebbe saltato fuori. E il caso risolto nella totale e regolare trasparenza.
Da notare, come riprova, che nelle elezioni 2024 al Comune di Prato un candidato, inizialmente rimasto fuori proprio per “un errore di trascrizione” (errori che possono sempre capitare e certo non fatti in cattiva fede), è poi entrato in Consiglio proprio dopo aver vinto un ricorso al TAR. Al suo posto è uscito, non avendone diritto, un altro consigliere inizialmente avvantaggiato, e non certo per colpa sua, da tale “errore di trascrizione”.
In uno Stato di diritto funziona così. Le garanzie ci sono. E ci sono per tutti. Perché dunque Chiara Guazzini, per far valere un suo diritto, non fece la cosa più trasparente cioè il ricorso al TAR?

UN “ERRORE” CHE NON SI TROVA – Ma c’è altro a rendere più intricata l’intera vicenda. Incuriosito, da cronista, su quella che giornalisticamente è una “notizia”, chi scrive ha cercato di andare a fondo. In base alla legge, che consente ciò a ogni cittadino, ha esaminato tutti i verbali dei seggi elettorali.
Se davvero “errore di trascrizione” era avvenuto, era infatti solo da quei verbali delle sezioni elettorali che tale “errore” avrebbe dovuto risultare.
Peccato però che, confrontando i verbali dei 9 seggi elettorali poggesi con il verbale della assemblea dei presidenti di tali 9 seggi, non si trovi traccia di alcun “errore di trascrizione”.
Tutte le cifre (comprese quelle della – tirata in ballo da Guazzini – sezione 1) tornano in modo perfetto.
Sommando le preferenze ottenute da Guazzini in tutti i 9 seggi si arriva esattamente a un numero (61) che è lo stesso (61) risultante nel verbale dei presidenti dei seggi.
Da nessun verbale si può derivare l’errore delle “10 unità” tirate in ballo da Guazzini.
Dalle carte ufficiali, dunque, non risulta alcun “errore di trascrizione”. Ma di “errore” è stato comunque non solo scritto su un giornale ma soprattutto parlato nella ufficialità di un Consiglio Comunale, il 21 giugno 2023.
Nessuno sa dove si sarebbe verificato tale “errore” e, chi lo avrebbe commesso (certo in buona fede). Nessuno sa perché Patrizia Cataldi si dimise 37 giorni dopo le elezioni e dopo la regolare convalida degli eletti tirando fuori proprio quella motivazione. Nessuno sa perché Chiara Guazzini evitò il TAR. Il mistero continua. E continuerà.

UN PASTICCIO CHE RIMANE – Il mistero, per certi aspetti goffo, resta. Idem il pasticcio: una sorta di cold case de noanrti, destinato a restare tale.
Perché i casi sono solo due: o questo “errore” c’era (ma allora andava mostrato, dimostrato e anche risolto in modo trasparente, senza brutti pasticci) oppure non c’era (e allora non si comprende perché un’assessora comunale, pubblico ufficiale, abbia, assumendosi una forte responsabilità, pubblicamente, in Consiglio, sostenuto il contrario).
La cosa è finita nel dimenticatoio. E il “sacrificio” – più o meno obtorto collo – di Patrizia Cataldi (dimettersi da consigliera pur avendo ottenuto tanti voti) alla fine è servito a tutti: lei continua a fare l’assessora, Chiara Guazzini è comunque entrata consigliera e anche l’altro è comunque restato consigliere.
Tutti gli equilibri, politici e personali, di coalizione in realtà sono stati, alla fine, tutelati. Capra e cavoli sono salvi. Tutti vivono felici e contenti. Ma resta, per chi ama il rispetto delle regole, il mistero su un “errore di trascrizione” mai trovato.
C’era, quel misterioso “errore” oppure non c’era? E’ davvero possibile far finta di nulla? E la “toppa” con cui si è voluto sanare la vicenda è peggio o meglio del “buco“? Ignorare fin dall’inizio le ragioni della trasparenza facendo vincere quelle della ambiguità è un buon sistema per riconciliare i cittadini con la politica?
Ci si può scandalizzare per le leggerezze altrui (cfr. Sardegna) e ignorare le proprie? E un giorno, più o meno lontano, qualcuno avrà il coraggio civico di spiegare ai cittadini ciò che davvero accadde?
POGGIO (A CAIANO) E BUCA di Mauro Banchini – 8 gennaio 2025 n. 81
