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Home»Comune»LA RIVOLUZIONE DELLA CURA: UN LIBRO PER RESPIRARE. E PER RESTARE UMANI.
Comune

LA RIVOLUZIONE DELLA CURA: UN LIBRO PER RESPIRARE. E PER RESTARE UMANI.

Mauro BanchiniBy Mauro Banchini14 Maggio 2025Updated:14 Maggio 2025Nessun commento9 Mins Read
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Due anni esatti fa qui al Poggio si votò per le amministrative. Per una manciata di voti vinse la destra. Ma a vincere fu soprattutto il partito del non voto, la massa degli astenuti, quelli che preferirono stare alla finestra. Quelli che adesso non possono lamentarsi se il Comune, purtroppo per tutti, è ridotto così male. Qualche considerazione su questo.

Ma si apre con una notizia buona: la presentazione di un libro, sabato 17 maggio, su iniziativa di Diapason. Un libro che racconta una rivoluzione: quella di chi si prende cura dei migranti. Un volume, quello di Massimo Orlandi, su una esperienza particolare. A Trieste. Leggerlo fa bene: anche a chi dei migranti pensa il peggio possibile. (mb)

FERITE DA CURARE – “Senza che noi ce ne accorgiamo, questa donna cura anche le nostre ferite, le infezioni profonde della nostra anima, permettendoci di salvarci e, forse, di rinascere come persone nuove”.

A un giornalista “atipico” come Domenico Iannacone (“atipico” perché fa un giornalismo diverso, altro) non occorrono molte parole. Specie per scrivere la prefazione a un libro che trae origine da uno dei suoi lavori televisivi: la trasmissione, andata in onda il 16 aprile 2022, con il titolo “Nelle tue mani” per il ciclo su Rai3 “Che ci faccio qui”.

Una puntata che in tanti vedemmo e che a tanti rimase impressa: la storia di Lorena Fornasir una donna, psicologa in pensione, che a Trieste cura i piedi martoriati dei migranti sulla rotta balcanica. Qui si può rivedere la puntata integrale.

PRENDERSI CURA – Una donna che si dice “non credente”. Capace di un gesto “rivoluzionario”: un po’ come il Samaritano, non a caso appellato come “buono”, mentre tanti si giravano altrove davanti al poverocristo picchiato dai ladroni.

Prendersi cura – ecco il gesto – di chi da Paesi lontani (Afghanistan, Pakistan, Siria, Bangladesh …) intraprende un lungo, faticoso, pericoloso cammino per arrivare in Occidente, da noi. In un Occidente che a loro pare un paradiso. Perché vengono da guerre, ingiustizie, povertà, sofferenze, privazione dei diritti, fame, sete.

Insieme al marito Gian Andrea Franchi, Lorena – con volontari di “Linea d’ombra” – dedica il suo laico tempo “non solo per rispondere alle esigenze primarie di queste persone, ma anche per immaginare, insieme, una società diversa”.

TRIESTE, LE PIAGGE, ROMENA, TRIESTE – Una storia potente, quella di Lorena. Dopo averla vista in tv, raccontata da Iannacone, quelli delle “Piagge” la chiamarono, con il marito, a Firenze.

Accorremmo in tanti con don Santoro. Fu un pomeriggio forte e uno di noi – il mio amico Massimo Orlandi, uno dei fondatori di Romena – decise che non poteva finire lì.

Invitò Lorena e Gian Andrea in Casentino, nella pieve millenaria.

Massimo di nuovo decise che non poteva finire neppure lì. Prese un treno, tempo dopo, verso Trieste. Per rendersi conto.

Nessuno spazio per la retorica. Chi cura i piedi affaticati rifugge ogni retorica. Questa è una rivoluzione, laica, di amore e giustizia. Verticale e orizzontale. Da Costituzione e Vangelo.

DAVVERO CI INVADONO? – E siccome Orlandi è bravo anche a scrivere, ne è venuto fuori, per le edizioni di Romena, un libro: “La rivoluzione della cura. L’esperienza della Piazza del Mondo”. La prefazione è di Domenico Iannacone (che da martedì prossimo, 20 maggio, finalmente tornerà su Rai3 in prima serata).

Ciò che accade in quella piazza, scrive, “aiuta a rompere la narrazione ideologica dell’accoglienza vista come invasione”.

Un libro che leggerlo fa bene. Anche a chi, sul fronte destro della politica e della cittadinanza, davvero pensa che sia in atto una “sostituzione etnica” e che tutti gli immigrati vengano qui da noi solo per farci del male, rubarci il lavoro, vivere alle nostre spalle, rubare nelle nostre case, distruggere i nostri “valori” eccetera eccetera.

UN LIBRO AL POGGIO QUESTO SABATO 17 MAGGIO – “La rivoluzione della cura” di Massimo Orlandi sarà presentato a Poggio a Caiano, con la presenza dell’autore, questo sabato 17 maggio 2025. Un’occasione per respirare aria buona.

L’appuntamento è alle ore 17:00 nella pasticceria Dolce Stil Novo in via Vittorio Emanuele II (la strada che attraversa Poggio, da poco restituita a un contestato doppio senso) al numero 43. Organizza l’associazione culturale “Diapason” in collaborazione con le Caritas parrocchiali locali (“Effetà”).

Il numero dei posti è limitato. Ma ancora qualche posto c’è. Chi desidera prenotarsi può farlo telefonando al 333 6568537. La formula è quella del “un tè con l’autore”. Il costo, comprensivo di consumazione, è di 5 euro.

UNA DOMANDA MUTA: PERCHE’? “Ricordo un ragazzo che era stato torturato brutalmente. I segni delle violenze erano così terribili da averlo sfigurato. All’inizio non avevo il coraggio di guardarlo in faccia: non volevo che leggesse nei miei occhi tutto quello che ci stava passando dentro: ravvia, impotenza, dolore.

Quando sono riuscita finalmente ad alzare lo sguardo ho trovato, in maniera inattesa, che il suo non ospitava i sentimenti che potevo immaginare, ma solo una domanda muta: perché – sembrava dirmi – perché mi è stato fatto questo?

Questa stessa domanda io la leggo negli occhi di tutti questi ragazzi.

Io non sono credente, ma vedo questi ragazzi come dei cristi, dei cristi capaci di portare una croce davvero pesante, dei cristi capaci di sostenere pesi incredibili. La loro domanda muta è la stessa che anche Cristo non ha saputo trattenere sulla croce: perché?”. (Lorena Fornasir in “La rivoluzione della cura” di Massimo Olandi, pag. 95).

COMUNE DUE ANNI DOPO: CHI PERDE DEVE TACERE? – “Abbiamo vinto noi, dunque noi possiamo fare ciò che ci pare”. Questo, in una logica da marchese del Grillo, capita di sentire, anche al Poggio, da parte di chi ha vinto una elezione.

Con il conseguente corollario verso gli sconfitti: ”Avete perso dunque dovete stare zitti fino alle prossime elezioni”.

Una tesi purtroppo di moda. Non solo in Italia.

Ma una tesi estranea alla democrazia liberale secondo cui chi ha vinto dovrebbe sapere che non sta lì, al potere, per “comandare a bacchetta” mentre chi ha perso sa che nessuno potrà imbavagliare il suo dissenso.

Perché democrazia liberale significa che chi ha vinto (pro tempore) sa di dover essere capace di saper governare a servizio di tutti mentre chi ha perso sa di dover controllare che ciò accada senza che i vincitori pretendano di zittirlo.

COMUNE DUE ANNI DOPO: QUELLI CHE VOLEVANO “CAMBIARE TUTTO” – E’ bene ricordare i numeri dell’ultima elezione poggese. E’ infatti presumibile che siano molti i cittadini ad averne perso memoria. Ma la memoria aiuta.

Sono passati due anni esatti da quel 14/15 maggio 2023 quando il Comune, fino ad allora governato dal centrosinistra, finì al destracentro.

Una coalizione, partitica, mascherata da un dubbioso civismo. Con lo slogan (“Cambiare tutto e subito“) facile ma illusorio.

Una coalizione che, visti gli scarsi risultati, fu forse la prima a essere sorpresa da una vittoria, pure sul fil di lana, che stava premiando un ceto politico, iniziando dal sindaco, purtroppo privo di esperienza amministrativa.

COMUNE DUE ANNI DOPO: I NUMERI – Ad avere diritto al voto fummo in 7.374. Di questi un numero elevato (ben 3.121: il 42%) rimasero a casa.

Sommati con i 126 votanti che lasciarono bianco o annullarono, il partito poggese del non voto si attestò a quota 3.247 (in percentuale il 44%).

Restarono, come voti validi, quelli dei rimanenti 4.127 cittadini (il 56%). E questi si spaccarono a metà. In 2.094 votarono destra per Palandri e in 2.033 sinistra per Puggelli. Uno scarto di soli 61 voti. Una inezia.

Se si volesse rifare il calcolo percentuale sull’intero corpo elettorale, la rappresentatività effettiva dei due sfidanti calerebbe assai. Si fermerebbe al 28,4% per Palandri e al 27,6% per Puggelli.

COMUNE DUE ANNI DOPO: ANALISI MANCATA – A che serve, oggi, tutto questo? Forse a nulla. Ma forse una utilità c’è. Potrebbe ad esempio servire a chi vinse – e legittimamente da due anni esatti governa – avendo avuto tempo per rendersi conto di come governare un Comune sia complicato.

Il tempo delle facili promesse elettorali, delle continue bugie, dei continui scaricabarile, della continua mancanza di assunzione di responsabilità finisce veloce. I nodi, al pettine, ci arrivano.

Con una vittoria non solo risicata ma anche mutilata dall’astensionismo, chi vinse (e una certa sua tifoseria) avrebbe dovuto fin da subito ingranare una marcia diversa – più umile, collaborativa, disponibile al confronto – rispetto all’atteggiamento tenuto: un misto fra arroganza e inesperienza, impreparazione e strafottenza, inesperienza e faciloneria, tendenza al casinismo e al disordine perché tanto è sempre colpa di altri.

Tutti poi, anche chi ha perso, avrebbero dovuto riflettere in modo serio sul perché di tale astensionismo. Purtroppo nessuno lo fece. Nessuno fece una seria, pubblica, analisi del voto.

COMUNE DUE ANNI DOPO: A CHE SERVE STARE ALLA FINESTRA? – E che dire a quei 3.257 poggesi astenuti? Come ora possono lamentarsi, non avendo partecipato, davanti a un’amministrazione risultata, alla prova dei fatti, dopo i primi due anni, diciamolo pure, non molto brillante?

Davvero scegliere di non votare è soluzione giusta? Oppure, in vista di nuove elezioni, non converrebbe iniziare a rimboccarsi le maniche, a ricordarsi di essere cittadini e non sudditi?

Non sarebbe meglio – per il bene di una comunità locale che purtroppo sta perdendo occasioni e smalto – smettere di stare alla finestra e ritrovare la strada di una maturità impegnativa? Perché in tante brave persone così tanta paura a esporsi?

Non piace né questa destra né quel centrosinistra? Può essere, ma allora la soluzione qual è? Davvero soltanto continuare a tenerle in tasca, quelle mani, senza neppure provare ad azionarle per il bene superiore della comunità?

Davvero è utile continuare soltanto a lamentarsi? Davvero serva a qualcosa trincerarsi dietro il qualunquismo del “tanto sono tutti uguali”?

Può, lo stimolo di Lorena Fornasir e del suo gruppo, aiutarci a essere più cittadini e meno spettatori? Può aiutarci, come bene implorava Vittorio Arrigoni ucciso a Gaza 14 anni fa, a “restare umani“?

POGGIO (A CAIANO) E BUCA di Mauro Banchini n. 104 del 14 maggio 2025

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