L’autore

Mauro BanchiniSui miei documenti di riconoscimento, dove bisogna indicare il luogo di nascita, viene scritto “San Marcello Pistoiese”: nell’anno in cui sono venuto al mondo (che poi è il 1952), dalle mie parti ancora si poteva nascere nel piccolo ospedale locale avendo dunque la possibilità di fregiarsi, per tutta la vita, di una dimensione identitaria davvero di nicchia: un paese di montagna, alla base del crinale che l’Appennino Toscano da quello Emiliano. Per la precisione, era il 12 settembre.

Da quando, dopo la terza media, cominciai a scendere in pianura per le superiori (le Magistrali, con l’anno integrativo che mi consentì di scegliere Scienze Politiche come facoltà universitaria nonché di incontrare quella che poi, nel 1978, sarebbe diventata, e ancora lo è, mia moglie), fino a quando sono andato in pensione (agosto 2015), ho sempre fatto vita da pendolare: su gomma e, da ultimo, su rotaia. Quasi mezzo secolo di pendolarismo.
Laureato nel 1977, con una tesi in Storia Contemporanea, quello stesso anno iniziai a lavorare (anche se, mentre studiavo all’Università, già avevo fatto diversi periodi di supplenze alle scuole elementari. Come maestro. Lavoro affascinante).
Ebbi modo di occuparmi, in Confcooperative per una decina di anni prima a Pistoia e poi a Firenze, di promozione della imprenditorialità cooperativa. Ma ebbi anche modo di entrare, da corrispondente locale, nel giornalismo: attività che mi è sempre piaciuta e che, da metà anni Ottanta, cominciai a tempo pieno.
Due anni di precariato e poi, tramite concorso pubblico, assunzione come giornalista nell’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale della Toscana. Da allora ho sempre lavorato a Firenze, nei palazzi della Regione, come dipendente pubblico. E con il sogno (ancora presente, nonostante tutto) di una attività utile per rendere un pochino più trasparenti quei Palazzi e un pochino più concreto il diritto del cittadino a essere informato su come, dopo il giorno elettorale, la sua delega viene esercitata.

Un po’ di politica, dalla metà degli anni Settanta alla metà degli anni Novanta, l’ho fatta pure io e in modo diretto: sempre in ambito locale e sempre, in genere, con ruoli di opposizione.
Per una ventina di anni mi sono messo a servizio della comunità ecclesiale pistoiese come responsabile di un ufficio diocesano (le Comunicazioni Sociali) chiamato a dare il suo contributo per migliorare il racconto su luci e ombre di quella comunità: che non è solo il Vescovo o l’insieme dei preti ma – come diceva il Concilio Vaticano II – è, o dovrebbe essere, il “popolo di Dio”. Ho conservato la voglia di credere in Cristo Gesù: e non mi pare poco.
In tutti questi anni non mi sono mancati gli impegni negli organismi rappresentativi del giornalismo: Ordine e sindacato, ma anche – restando nel mondo cattolico – Ucsi. Da qualche tempo ho scoperto un ambito di interesse (l’ambiente) decisamente centrale: anche per il diritto di chi verrà dopo di noi, miei nipoti compresi, ad abitare un Creato ancora … abitabile.

Abito in quel di Poggio a Caiano, paese dove Lorenzo il Magnifico volle la sua villa, capolavoro che riesco a vedere da una delle finestre di casa. Abbiamo una figlia che, a sua volta, ha un marito e due figli: da cui si può capire che siamo nonni due volte.
Per il resto mi piace andare al cinema e in montagna, leggere e mangiare dolci, viaggiare e ogni tanto scrivere qualche bischerata attraverso la rete.