Di lui qualcuno ricorda il coraggio di una scelta: rese possibile (grazie a quello che si chiama nihil obstat. Non importa aver fatto il Classico per capirne il significato) la pubblicazione di “Esperienze Pastorali”, capolavoro ecclesiale e civile, di don Lorenzo Milani. Qualcuno aggiunge i primi contatti fra lui e un giovanissimo Giulio Andreotti, inviato a Firenze da Alcide De Gasperi, a guerra non ancora conclusa, per informare sulle scelte attorno a quella che doveva diventare la Democrazia Cristiana. In molti si soffermano sulla sua dimensione teologica e giornalistica. Tutti, in genere, ne ricordano l’insegnamento: in particolare l’attenzione alla dottrina sociale e alla formazione di tanti giovani verso l’attività politica.
Stiamo parlando di un domenicano vissuto nel convento di Santa Maria Novella e del quale sta per ricorrere un anniversario tondo, il 35mo, dalla morte: Reginaldo Santilli. La sua vicenda è al centro di un pomeriggio (venerdì 27 maggio ore 15:30 a Firenze in Piazza Stazione 4/A primo piano) voluto dal Collegamento Sociale cristiano – Amici di Supplemento d’Anima con un titolo suggestivo: “Il domenicano che ha lasciato un segno” (suggestivo anche perché padre Santilli nacque ed è sepolto in quel di Segni, paese della Ciociaria che nel settembre scorso gli dedicò una tre giorni).
Coordinati da Antonio Lovascio (Comunicazioni Sociali diocesi Firenze) seguiranno quattro interventi: il vescovo emerito di Prato Gastone Simoni (“Perché riflettere oggi su padre Santilli”), lo storico Pierluigi Ballini (“I cattolici toscani dall’anti fascismo alla Repubblica”), il Superiore del Convento di San Domenico di Fiesole Vincenzo Caprara (“Da San Tommaso d’Aquino alla dottrina sociale della Chiesa”), il presidente CSC-SDA Angelo Passaleva (“Il Centro Cattolico di Studi Sociali: modello educativo e di impegno civico”). Potranno aggiungersi brevi testimonianze in un convegno cui hanno aderito alcune sigle del cattolicesimo sociale fiorentino e toscano (le associazioni cattoliche di medici, giuristi, giornalisti, Scienza & Vita, il Movimento per la Vita con il suo Centro di Aiuto alla Vita).
La sede ha una importanza non indifferente – spiega Angelo Passaleva, che bene conobbe padre Santilli – perché è proprio lì, oggi “sala del turismo”, che ebbe la sua sede quel Centro voluto da padre Santilli per studiare e diffondere in particolare fra i giovani l’insegnamento sociale della Chiesa preparando generazioni all’impegno pubblico. Molti i conferenzieri, fra cui don Primo Mazzolari, chiamati in quel contesto.
Ma torniamo a Esperienze Pastorali, l’unico libro di don Lorenzo Milani che porta direttamente il suo nome e che poté essere stampato solo grazie alla firma del domenicano fiorentino. “Sarebbe difficile e penoso – scrisse Santilli riferendosi a EP – scrivere la storia di quel libro accettato da alcuni come richiamo di rinnovamento dei nostri metodi pastorali; rifiutato e criticato da altri per i quali rappresentava, e rappresenta, ” la presunzione di un uomo, sia pure sacerdote, di volere impartire lezioni alla Chiesa”. Io non intendo legarmi a nessuno dei suddetti giudizi in questa sede, ma solo far conoscere, a chi ancora non lo sapesse, che lo scrittore di quel libro non era un “ribelle” e molto meno un “rivoluzionario mancato”. Era un “figlio obbediente della Chiesa” e aveva tutte le carte in regola con Dio e con la sua coscienza”.
Un altro esempio di coraggio di padre Santilli si può trovare risalendo alla sua esperienza universitaria. Si laureò con una tesi nella quale ribadiva la radicale opposizione del cristianesimo a ogni forma di razzismo: ma quel tempo (fine anni trenta) in Italia erano in vigore le leggi razziali fasciste e per evitargli ritorsioni il maestro generale dell’Ordine domenicano lo esentò dall’obbligo di pubblicazione della tesi di dottorato.
Da notare che padre Reginaldo fondò una libera scuola di giornalismo per avviare giovani cattolici alla professione. Per molti anni diresse il settimanale dell’arcidiocesi di Firenze. “Era – ha scritto Giovanni Pallanti – un uomo fiero d’essere sacerdote, orgoglioso di essere domenicano, non aveva nessun complesso di inferiorità nei confronti di chicchessia. Nel 1976 fu tra i promotori della ricandidatura di Giorgio la Pira come capolista alla Camera dei deputati per la DC nel collegio Firenze-Prato-Pistoia. Fu un uomo obbedientissimo alla Chiesa pur non rinunciando mai a pensare con la propria testa”.