A proposito di mafia. E di Marcello Dell’Utri. Tutte le volte che ci penso (a quello che pochi giorni fa Berlusconi ha definito “prigioniero politico” mentre, in realtà, sta scontando in carcere una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa) mi viene in mente una piccola cosa. Questa.
Siccome Dell’Utri è stato condannato perché fece da intermediario fra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra (dico: Cosa Nostra, non una bocciofila o una associazione di bibliofili) com’è che lui, Marcello, è stato condannato in via definitiva e Silvio, su questo, no? Come è stato possibile che Silvio l’abbia, su questo, sfangata? Ricordo, vagamente, i motivi per cui tutto ciò è stato possibile, ma ricordo anche che da poche settimane proprio la Procura di Firenze ha riaperto un fascicolo tornando a indagare sui due (Marcello ma anche Silvio) per le stragi di mafia 1993. Ne hanno parlato i media per qualche ora e oggi, senza che ad alcuno sembri strano, nessuno più ne accenna.
La vicenda Dell’Utri (oggi attuale per le condizioni di salute del detenuto) offre una doppia conferma. In primo luogo che siamo ormai abituati (direi meglio: programmati) a dimenticare tutto: perfino cose gravissime come quella di un politico di alto profilo che – tramite un sottoposto, lui condannato in via definitiva proprio per questo – ha avuto contatti (a sua insaputa?) con la mafia. In un Paese normale sarebbe bastata la condanna definitiva dell’intermediario per mettere al bando, anche solo moralmente parlando, i due “mondi” in mezzo ai quali l’intermediario operava. Evidentemente noi siamo un Paese orgoglioso di essere assai poco normale: con la mafia conviviamo anche al centro nord e Silvio il combattente finisce pure per risultarci simpatico (perfino a quel campione di “sinistra” chiamato Eugenio, secondo cui “politica” è attività del tutto separata da “morale”).
In secondo luogo non ci farebbe neppure specie se, fra qualche mese o qualche anno, il sempre più incartapecorito Silvio tornasse di nuovo, se mai ha smesso, a guidare un Paese così assopito.