Giusta la lettera che Anci e Assostampa toscane (l’associazione dei Comuni e il sindacato dei giornalisti) hanno inviato ai sindaci della regione per ricordare alcuni “paletti” da inserire nei bandi che dovessero essere fatti nella ricerca di un giornalista per l’ufficio stampa comunale. Giusto, dunque, che il giornalista da scegliere sia, appunto, un giornalista (iscritto all’Albo. Professionista o pubblicista); giusto il riferimento alla legge nazionale 150/2000; giusta la presenza di almeno un giornalista nelle Commissioni di valutazione; giusta la corretta iscrizione, per l’addetto stampa, in una delle voci previdenziali previste dall’Inpgi (l’istituto di previdenza della categoria) in modo da evitare fin troppo frequenti condizioni di sfruttamento.
Già in passato erano state tentate procedure analoghe e il sindacato nazionale aveva perfino elaborato uno schema di “bando virtuoso” in modo da evitare i limiti, spesso clamorosi, dell’improvvisazione o certe furbizie del “fai-da-te”. Giustissimo provarci ancora: sarebbe ad esempio utile che la Regione inserisse questo aspetto – gli uffici stampa – fra i meccanismi premiali per i Comuni, soprattutto i più piccoli, che scelgono di associarsi in determinate funzioni.
La direzione è giusta, ma qualcosa mi fa pensare che l’esito del bando sarà deludente. Temo infatti che a un ceto politico oggi così, in genere, ipersensibile verso quella che generalmente viene chiamata “comunicazione” (e che, per molti politici, si confonde troppo spesso con la cura della propria “immagine” o, quando va meglio, con la cura della “iimmagine” della istituzione), interessi davvero poco avere un giornalista: un professionista, cioè, vincolato da una determinata deontologia e chiamato a rendere un pochettino più trasparenti “palazzi” che troppo spesso il ceto politico, ma anche le burocrazie locali, tanto entusiasmo di vederli trasparenti non hanno.
Magari mi sbaglio. Anzi: spero davvero di sbagliarmi.