Nei giorni che precedettero il Conclave in cui venne eletto il cardinale Bergoglio, il suo nome era inserito fra i papabili. Con una caratteristica, visto il colore della pelle, evidente: si sarebbe trattato del primo “Papa nero”. Poi lo Spirito ha soffiato altrove e lui, il cardinale ghanese Peter Turkson, del nuovo Santo Padre è diventato uno dei più stretti collaboratori: è a lui che Francesco si è rivolto per una prima stesura sulle linee fondamentali della prima enciclica, la Laudato Si’. Ed è a lui che Francesco ha affidato la guida di un nuovissimo Dicastero vaticano: quello “per il servizio dello sviluppo umano integrale”.
Turkson l’ho visto ieri, alla Madonna del Sasso, tra Fiesole e Pontassieve, chiamato dalla diocesi di Fiesole a raccontarci l’enciclica in occasione della Giornata diocesana per la Cura del Creato. Lo ha fatto – come era facile aspettarsi – con sapienza, intelligenza, simpatia. Ma ha anche comunicato altro, questo cardinale nero che ancora non ha compiuto 70 anni.
Quattro spunti, tutti convergenti verso una immagine di Chiesa che non respinge ma attira un uomo contemporaneo bisognoso di esempi, anche banali, capaci di collegare la grandezza del messaggio cristiano con la credibilità di chi ne è portavoce e testimone.
E’ arrivato senza orpelli, in clergyman come un prete qualunque; si è seduto fra noi a pranzo apprezzando finocchiona e pecorino. Ha dimostrato, parlando e stando con noi, che si può anche sorridere e perfino scherzare. E … ha alzato lo schermo piatto del televisore: si è cioè accorto, nella sessione pomeridiana del convegno, che chi stava seduto nelle file posteriori aveva difficoltà a vedere bene il breve video, sulla Laudato Si’, che si era portato da Roma; a un certo punto si è alzato guardandosi attorno, è andato verso il tavolo dove la LEF di Giannozzo Pucci esponeva alcuni testi e ne ha presi alcuni per posizionarli sotto lo schermo. Alzandolo e dando dunque modo anche agli ultimi di vedere meglio la immagini. Altri, nella migliore delle ipotesi, per mettere la zeppa avrebbero chiamato un segretario.
Quattro piccole cose, certo. Ma, a modo loro, quattro comportamenti esemplari di un modo credibile – per preti e laici – nell’essere Chiesa oggi, nel portare in un mondo così confuso un annuncio così potente.