Singolare che Marco Aime, a proposito di stregoni, abbia citato un suo amico dalla lontana Costa d’Avorio e non, parlando a Pistoia per i “Dialoghi sull’uomo”, un più limitrofo Pinocchio.
Sotto il tendone di piazza Duomo parlava, l’antropologo, del rapporto fra azzardo e stregoneria in quel di Wall Street, nel gioco in Borsa, e non gli sono mancate battute efficaci per confermare ciò su cui in molti abbiamo, da tempo, fortissimi sospetti: i famosi miliardi che ogni tanto si sente (sic) “oggi bruciati in Borsa” in realtà non esistono, non sono poi tante le differenze fra un apparentemente serio analista finanziario e la nostra apparentemente farlocca “mamma Ebe”. In altri termini: ha ragione da vendere chi pensa che un qualunque Casinò, anche il più scalcinato, rispetto alla Borsa è il massimo della moralità se non altro perché, nella roulette, il calcolo delle probabilità di vittoria è trasparente e regolare.
Ha riportato, Aime, il racconto di un suo amico nero attorno a strani personaggi, anch’essi neri ma vestiti all’occidentale e con un grande macchinone, che ogni sera arrivavano nel villaggio della Costa d’Avorio magnificando le loro capacità di raddoppiare quelle poche banconote che la fiducia dei semplici metteva nelle loro mani. E, in effetti, le raddoppiavano: concentrando su di loro, autentici “magliari” in Africa, la fiducia dei tanti semplici che, a quel punto, non avevano problemi a consegnare tutti i risparmi del villaggio. Con la reazione intuibile, da parte degli stregoni vestiti all’occidentale: la fuga, di notte, con l’intero malloppo.
“Dall’Africa – ha chiuso Aime fra gli applausi – arriva sempre qualcosa di nuovo”. Sarebbe bastato, a pochi chilometri da Collodi, ricordare Pinocchio, il Gatto che si finge cieco, la Volpe che si finge zoppa, le monete d’oro, il Campo dei Miracoli. E ciò che segue.
Mai fidarsi troppo. Né degli stregoni né di Wall Street.