Una storia singolare, quella di papa Marcello: dichiarato santo e da diversi secoli patrono del capoluogo della Montagna Pistoiese. Trentesimo, o trentunesimo a seconda dei calcoli, pontefice della Chiesa Cattolica, ricoprì questo ruolo per pochi mesi, fra il 308 e il 309.
Veniva da tempi non facili: sotto Diocleziano i cristiani erano stati perseguitati, torturati, uccisi. In molti non ce la fecero a resistere e caddero: scivolarono nel tradimento. Allettati dal potere romano, rinnegarono quel Cristo a cui si erano convertiti. Ma poi, finite le persecuzioni, in molti fra loro chiesero di rientrare nella Chiesa: alcuni però pretesero di farlo senza passare attraverso una pur minima forma di penitenza. Si chiamarono, in latino, “lapsi” (che, appunto, vuol dire “scivolati, caduti”). E “relapsi” quelli che avevano rinnegato più volte.
Dovettero scontrarsi con la durezza di papa Marcello, chiamato a riorganizzare la Chiesa e a farlo con la patata bollente dei “lapsi”. Fu inflessibile, contro i “rinnegati”. Tanto inflessibile che l’imperatore Massenzio lo mandò in esilio.
Qui la storia si mescola con la leggenda: pare infatti che Marcello celebrasse in una chiesa lungo la via che, a Roma, allora si chiamava “lata” e oggi è conosciutissima come via “del Corso” (dove esiste, ricostruita dal 1519, una splendida chiesa intitolata, appunto, a San Marcello).
La cosa non piacque all’imperatore che fece trasformare in stalla l’edificio sacro obbligando papa Marcello a svolgere funzione di stalliere. Marcello morì, in esilio, il 16 gennaio 309 e da allora quello è il giorno del suo ricordo, festeggiato poi come santo e anche come patrono degli stallieri nonché protettore delle scuderie (di cavalli).
Dietro l’altare, a San Marcello Pistoiese, una vetrata ritrae i nostri due santi: Celestina e Marcello. Teniamoceli stretti, che male certo non fa.