Devo al mio amico Massimo Orlandi, avendo nei giorni scorsi un po’ trascurato di leggere giornali e siti d’informazione, la conoscenza su quanto detto da padre Ermes Ronchi, grande amico di Romena e della sua fraternità in Casentino, nella quinta meditazione degli esercizi spirituali che il religioso sta tenendo, ad Ariccia, per Papa Francesco e per la Curia romana.
“La donna è al centro del Vangelo … Gesù non è moralista … Siamo noi che abbiamo moralizzato il Vangelo”: questi i concetti forti nella predicazione di padre Ronchi che con il sorriso sulle labbra ha poi notato la “anormalità” di quanto in quel momento stava accadendo proprio mentre lui parlava e gli altri ascoltavano. “Qui vedo solo uomini e questo, dobbiamo ammetterlo, non è molto normale. Dobbiamo prendere atto di un vuoto che non corrisponde alla realtà dell’umanità e della chiesa”.
Nulla accade a caso e nulla, con Papa Bergoglio alla guida della Chiesa (ma – non dimentichiamolo mai – anche con Papa Ratzinger che ha fatto il gesto potente che tutti ricordiamo), nulla può stupirci in termini di innovazioni sostanziali e formali nella vita della comunità ecclesiale. Almeno in prospettiva.
Chissà dunque che prima o poi non accada qualcosa, circa il ruolo delle donne nel servizio alla Chiesa, capace di far tornare nella “norma” la situazione adesso anormale.
Ricordo anche – due anni fa in un dibattito nel Festival veronese sulla dottrina sociale della Chiesa – una teologa impegnata nella presentazione di un libro sulle “eroine” nella Chiesa, ironizzare su cosa mai potrebbe accadere nella vita quotidiana delle nostre parrocchie se le donne, impegnate nei vari servizi, all’improvviso facessero “sciopero”. Già: proviamo a immaginarlo…
Scrivo questo appena rientrato dal congresso nazionale Ucsi (Matera: “Le sfide del giornalismo, al tempo di Francesco”). Nella città dei Sassi è accaduto un fatto che è giusto riportare nel doppio, contrastante, binario della normalità … anormale: ai vertici della associazione, ecclesiale e professionale, che in Italia riunisce circa 1.200 giornalisti cattolici, è stata eletta una donna. E’ la vaticanista, di RaiNews24, Vania de Luca.
Nei quasi 60 anni di storia dell’associazione, è la prima volta che una donna – nel livello nazionale – assume questo ruolo, anche a concreta testimonianza di come la professione sia da tempo cambiata, diventando sempre più “femminile”.
A completare il quadro, è donna anche la vicepresidente (Donatella Trotta, che lavora al Mattino di Napoli) mentre l’altra vicepresidenza – e questo fa davvero piacere al giornalismo toscano – è andata ad Antonello Riccelli, collega di Telegranducato, che negli anni precedenti si era fatto apprezzare come presidente di Ucsi Toscana anche per aver puntato molte carte, in una professione sempre più precaria, sull’universo giovanile.
Madre di tre figli e molto impegnata nella professione (accompagnare Papa Francesco a giro per il mondo, seguirlo nella attività quotidiana di governo della Chiesa deve essere impegno affascinante e assorbente), Vania, presentandosi ai congressisti, ha confessato la sua perplessità iniziale nell’accettare la proposta della presidenza. “Non mi resta molto tempo libero”, ha ammesso con sincerità, (nessun maschietto avrebbe mai usato lo stesso suimile metro: la sincerità) ma alla fine è prevalsa la voglia di mettersi alla prova.
Positive tutte le reazioni per una scelta avvenuta – ma questo è puro caso – alla vigilia dell’8 marzo.
“Mi sento interpellata dalle parole del Papa sullo sguardo diverso che le donne hanno sulla realtà perché la guardano da una ricchezza differente” così De Luca in una fra le prime sue interviste dal suo nuovo ruolo. “Questo è ancora più vero per le giornaliste, chiamate a coglierne l’essenziale e ad avere, forse più degli uomini, uno sguardo capace di prossimità: oggi, grazie alle nuove tecnologie, si può fare informazione anche dietro una scrivania, ma nulla può sostituire la prossimità fisica, lo stare dentro le storie da raccontare”.
Anche Ucsi, insomma, ha preso atto – usando il concetto di Ermes Ronchi – di un vuoto che non corrisponde alla realtà”. E solo Dio sa, lungi da ogni sciocca retorica, quanto alto, nel giornalismo e nella comunicazione, sia il bisogno di quello “sguardo diverso”.