Cattolici e politica in Italia. Proprio il giorno prima, Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi, era tornato a chiedere ai cattolici di “non aver paura di fare politica”. E l’associazione pistoiese guidata da Giorgio Federighi ha promosso un incontro (“Uscire allo scoperto”) con tre segni di punteggiatura (due esclamativi e uno interrogativo) e due titoli di corredo (“Verso un rinnovato impegno dei cattolici nella società contemporanea” ma anche “Giustizia ed equità stelle polari nella dottrina sociale cristiana e nella Costituzione italiana”) già esplicativi nella loro chiarezza.
Guidato da Luigi Bardelli, al confronto non sono mancate voci interessanti. Tina Nuti, ex assessora del Comune di Pistoia perso dal centro sinistra in favore delle destre proprio anche sulle paure dei migranti, ha ricordato con efficacia l’errore, nel meccanismo dell’accoglienza, di “non far fare nulla” agli immigrati tenendoli in condizione di umiliazione e facendo arrabbiare tanti cittadini.
Ma erano tre gli interventi davvero attesi: un cronista parlamentare che dal Quirinale ha raccontato la sapienza di Sergio Mattarella, un costituzionalista alla Sant’Anna di Pisa, un ex leader dc.
Nicola Graziani, Emanuele Rossi, Giuseppe Matulli: tre credenti, nel Vangelo e nella Costituzione, da cui sono arrivati stimoli interessanti. Dai primi due con maggiore fiducia per nuove avventure dei cattolici italiani in politica, dall’ultimo con sostanziale scetticismo.
Emanuele Rossi ha premesso la “crisi di legittimazione” della politica, la fine di una “speranza europeista condivisa”, il “forte cambiamento” nella organizzazione e nei meccanismi comunicativi della politica. Ha poi aggiunto, in una Chiesa oggi caratterizzata dal ciclone Francesco, bordate verso “i disastri provocati dal ventennio di ruinismo”, con una “gestione verticistica” della presenza dei cattolici in politica e con, ad esempio, la “delegittimazione di Prodi e dell’Ulivo”.
Tre le riflessioni rossiane sulla possibilità di “recuperare qualcosa”: l’autonomia del laicato cattolico, l’impegno a rilegittimare la politica tornando a farla diventare “amica” delle persone comuni, il superamento di quel “sovranismo” che conduce alla regressione partendo da uno fra i fondamentali del pensiero sociale cattolico: “l’universalismo”.
Chi è convinto che qualcosa si possa tentare, pure non nascondendosi le difficoltà, è Nicola Graziani. “Attenti ai peccati di omissione – ha ricordato – anche perchè se stiamo fermi ci assumiamo in pieno la responsabilità di ciò che potrebbe accadere dopo e che, già adesso, mette brividi addosso”.
Non solo come cattolici (“oggi minoranza”) è necessario farci interpreti di “una nuova stagione della politica italiana” cercando di mettere insieme “gli uomini perbene” anche grazie a quel metodo (la mediazione) che deriva dalla nostra cultura politica. Immersi in una stagione “che può essere fantastica ma anche terribile”, Graziani ha spronato a “tentare” una strada non certo dal successo scontato. “Da laici – ha aggiunto – senza accettare imposizioni dall’alto ma anche senza negare alla Chiesa il suo dovere” (che Graziani ha sintetizzato nel “mettere il defribillatore per poi ritirarsi”).
Assai meno convinto, anzi per nulla convinto, Beppe Matulli fresco curatore di un volume su De Gasperi. “Pensare di rifare la diccì – ha sintetizzato, anche se nessuno aveva chiesto questo – significa non rispettare la storia”. Fu un errore che fece Mino Martinazzoli cercando di “rifare” il Partito Popolare. Anche perché, e su questo si è parecchio soffermato, la dimensione odierna dei fenomeni ha a che fare con una globalità che – almeno a Matulli, dettosi “molto perplesso sulla dimensione identitaria” – non pare compatibile con “il cercare un Passera di turno”.
Eppure – ha controreplicato Graziani – “se non ci muoviamo noi (cattolici) la risposta sarà inevitabile: meno tolleranza. Né possiamo restare bloccati come gli Ugonotti di Italo Calvino: quelli che si guardavano in silenzio per non cambiare nulla”.
PS)- E’ mancato, a Pistoia, il tempo per il confronto. A me sono rimaste due domande. Una a Matulli (“Puoi anche avere ragione, ma allora cosa facciamo: davvero la tua alternativa è il fare nulla?“). E una a Graziani (“Puoi anche avere ragione, ma siccome oggi pare che nulla si possa fare senza un leader, chi può essere il leader sulla via di questo complicato tentativo?).