Quando entrai in Regione Toscana, per l’esattezza al Consiglio Regionale, era circa la metà degli anni Ottanta. Rendere più trasparente quel Palazzo – ci si diceva, fra noi, fosse il nostro compito di giornalisti presso l’Ufficio Stampa – aiutando, per i cittadini, la comprensibilità di atti e comportamenti. Aiutando la democrazia – figurarsi l’ingenuità – a risultare più partecipata. Aiutando la comunicazione e l’informazione. E facendo questo in un periodo nel quale i votanti, in ogni tipo di elezione, superavano sempre l’80 % sfiorando spesso quota 90.
Ricordo bene che il nostro problema, di giornalisti a servizio di una istituzione pubblica, era avere a che fare con un ceto politico assai diffidente e difficilmente convincibile rispetto a pur minime esigenze comunicative: in tutte le grandi famiglie politiche di allora (dalla destra missina alla sinistra oltre il piccì) avevi a che fare con politici di cui capivi bene preparazione e anche, spesso, cultura; ma non erano proprio adatti per comunicare. I loro ragionamenti filavano su altro tipo di binario e tu, giornalista, dovevi faticare non poco per rendere notiziabili, nei comunicati stampa, delibere e interventi.
Per non parlare della fatica di farli parlare, abituati alle piazze dei grandi comizi, attraverso radio e, soprattutto, tv. Tanto sono sfacciatamente disinvolti e spontanei i politici 2.0 tanto teneramente legnosi e impacciati erano quelli della (reale) ultima parte nella (cosiddetta) “prima repubblica”.
Ormai da qualche decennio la situazione è rovesciata. Capisci bene che a far premio sulla politica, e sulle istituzioni, non sono atti e fatti, interpretazioni o ragionamenti, ma solo una troppo spesso autoreferenziale voglia di … comunicare. Tutto è finalizzato a questo, tutto si riduce a battuta, slogan, pretesto mediatico: i politici di oggi, anche quelli meno bravi, sono bravissimi a utilizzare tecniche e stili in una comunicazione che ormai, da tempo, fa solo rima con manipolazione. E alla overdose comunicativa corrispondono livelli sempre più bassi di espressione del voto: nessuno si stupisce se si è scesi ormai sotto il 50% (anzi: c’è il sospetto che non freghi davvero nulla, specie a questo ceto politico, se a votare vanno sempre meno persone. Meno sono, meglio è).
Nel mezzo – anzi: sotto – il cittadino. Che bello se il suo diritto a essere informato su come la politica esercita la sua delega, su cosa accade davvero nei palazzi, fosse in tutti questi anni aumentato sul serio. E invece …
PS)- Piccole considerazioni stimolate da un intervento di Aldo Schiavone, oggi sul Corsera: la vecchia democrazia non è immutabile, la rete può rinnovarla.