Dunque quelle parole (“voto segreto”) che tanto scalpore suscitarono il 10 febbraio e da allora sono entrate nell’immaginario collettivo, il cardinale … non le aveva dette. Bagnasco si era solo limitato ad augurarsi che, nel confronto sul ddl Cirinnà in tema di unioni civili, ai senatori fosse consentito di esprimersi con “libertà di coscienza”: il concetto successivo – quello più tecnico che così tanto fece arrabbiare, circa il voto “a scrutinio segreto” – il card. Bagnasco, costretto da colleghi giornalisti a rispondere per strada, non lo disse. Lo aveva invece usato, nella domanda, un collega: un giornalista, non il cardinale.
L’ammissione l’ha fatta tre giorni dopo (13 febbraio) “La Repubblica” con Paolo Rodari. “Certo l’errore è stato causato anche dalla fretta: Bagnasco ha dovuto rispondere a un giornalista per strada, fuori dalla celebrazione della funzione del mercoledì delle Ceneri e, a onor del vero, senza che egli abbia mai pronunciato l’espressione “voto segreto” che era invece contenuta nella domanda che gli era stata rivolta”.
Il 13 febbraio non ho letto “La Repubblica”, ma l’onesta ammissione non deve aver creato l’interesse che avrebbe meritato: non ricordo infatti, quel giorno e i giorni successivi, di aver letto né grandi né piccoli titoli a proposito. Ricordo invece che tutti quanti noi continuiamo a essere convinti che il “cattivo” capo dei vescovi si sia reso artefice, quel giorno ormai lontano, di una ingerenza (“passo falso”, nella migliore delle ipotesi) contro la laicità dando prova di arroganza clericale.
Personalmente devo al fondo sull’ultimo numero di “ToscanaOggi”, a firma Giuseppe Savagnone, una piena conoscenza su questo non lieve “dettaglio”. Savagnone confessa di essere rimasto pure lui “molto seccato come credente che ci tiene a essere anche un cittadino” per la dichiarazione di Bagnasco. E aggiunge di avergli chiesto “mentalmente scusa” dovendo riconoscere “che si era limitato a enunciare un principio del tutto condivisibile, eludendo la domanda propriamente politica” e che “erano stati i giornali a creare il caso”.
Com’è andata, con il ddl sulle unioni civili, ormai lo sappiamo: nessun voto di coscienza e nessun scrutinio segreto; il governo ha chiesto e ottenuto la fiducia su un testo che ha cancellato le parti più divisive. Ora l’attualità sta tutta nel cambio di maggioranza, nel voto di Verdini e del suo manipolo di fuoriusciti in attesa di entrare nel pd o in quello che sarà il nuovo partito renziano.
Le parole, non dette, dal cardinale continueranno a bollarlo come “arrogante” e nessuno, o quasi, saprà che quelle parole mai furono dette. Mi domando e dico: perché tornarci su? Boh! Diciamo … per la precisione.