Su Aldo Moro e sulla politica (quella di ieri e quella di oggi) un parallelo che, da solo, meritava il pomeriggio. Lo ha fatto il presidente Censis, Giuseppe de Rita, parlando a Pistoia con il presidente emerito della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo, attorno alla “lezione” di Aldo Moro.
Siamo alla vigilia del 40mo dai famosi, tragicamente famosi, 55 giorni (e chi sta sotto quella soglia di età temo ignori il significato, l’importanza, l’essere “spartiacque” nella democrazia italiana di questo evento). E parlando di Aldo Moro il sempre immaginifico De Rita ne ha citato una frase (“La politica deve orientare la società verso traguardi ulteriori”) che lascia bene intendere la concezione “alta” che lo statista pugliese aveva di questa attività oggi così bistrattata.
Ma c’era un altro, non meno significativo, uomo di Stato democratico cristiano ad averne un’altra, di concezioni della politica. Si chiamava Giulio Andreotti. Anch’esso un grande. In risposta alla frase di Moro ne estrasse un’altra (“No: la politica non deve orientare la società, ma solo somigliarle”) pure citata da De Rita nel pistoiese Antico Palazzo dei Vescovi. Un parallelo intrigante.
Facile intuire chi fra i due esponenti dc stia anche oggi influenzando la politica quotidiana. Facile capire chi, fra Andreotti e Moro, sia il vincitore e chi lo sconfitto. E facile capire perché Giuseppe De Rita abbia citato le due, contrapposte, concezioni proprio nel corso di un convegno – promosso da una neonata associazione pistoiese voluta dal “vecchio” Ivano Paci e presieduta dal “certo non più giovane” Alessio Colomeiciuc (“mettiamo un limite anagrafico – ha scherzato – perchè quelli minori di 40 noi proprio non li vogliamo“) – che presto sarà seguito da altre iniziative. Per aiutare una riflessione seria – è stato detto da Paci – attorno a una necessità all’apparenza folle: tornare a ri-amare una politica “che oggi non ci piace come peraltro non ci piace neppure l’antipolitica” e “reagire non solo al degrado della politica ma anche al disprezzo verso la politica”.
Lo storico Guido Formigoni, in premessa, ha bene raccontato il suo ultimo volume (“Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma”) facendoci riscoprire un politico che oggi pare una sorta di marziano: uomo pudico, geloso della privatezza sua e della sua famiglia, credente sul serio, per nulla confinabile nelle categorie (pigrizia, levantinità, indeterminazione) in cui ingiustamente è stato per decenni confinato, coerente con il suo grande disegno di portare le masse dentro lo Stato, servitore autentico di uno Stato che lo ha portato alla morte.
Non sono mancate interpretazioni di peso attorno al senso, in Moro, della politica (“Non solo conquista del potere ma strumento per capire le trasformazioni in corso”. Ugo De Siervo). Ma anche (De Rita) attorno alla nascita, fra il 1942 e il 1945, della DC come partito “americano” con intrecci iniziali, nel clima di quegli anni, fra “mafia” e “massoneria” internazionali. Non è mancata una bella definizione, in De Rita, sull’oggi del nostro Paese (“il Regno della inconsistenza”) e sulla impossibilità di “fare mediazione” in un contesto sempre più “disinternmediato”. Non è mancata la demolizione, da parte di Ugo De Siervo, dei due referendum nel lombardo-veneto (“Quei cittadini vengono presi in giro perché quello che è l’oggetto del referendum si può attivare con una semplice telefonata”).
Un bell’incontro, insomma, con i due relatori sottolineanti la necessità, in un oggi caratterizzato dall’essere “società di creduloni mediatici” (De Rita), di “pensare in grande” e di “smettere di ridurre la politica a una campagna elettorale continua”. E con Guido Formigoni, lo storico, impegnato a sottolineare, nell’assassinio di Aldo Moro, sia le “certezze” che i “dubbi” di una “tragedia irrisolta” con “i brigatisti che certo non hanno raccontato tutto”.
E chissà mai se sapremo, e quando la sapremo, la verità completa sulla fine voluta per Aldo Moro. Intanto in quel di Vinci (provincia di Firenze ma diocesi di Pistoia) questo venerdì 13 ottobre chi vuole ha la possibilità di un incontro (ore 21, teatro della Misericordia) capace di attrarre. Con il gesuita padre Guido Bertagna, interverranno una delle figlie dello statista assassinato (Agnese Moro) e una delle brigatiste direttamente coinvolte nel “caso” (Adriana Faranda). Fra loro un, per molti aspetti “folle”, percorso di riconciliazione e di perdono.
Sullo sfondo – come cancellarla? – l’immagine di Moro in quei 55 giorni: una immagine – ha detto Formigoni – di uomo “piagnucolone” che però non corrisponde alla verità. Perché anche nel dramma di quei giorni, dramma anche privatissimo, Aldo Moro tentava, come sapeva e come poteva, di fare ciò che sempre aveva fatto: Politica.